Planeta – Menfi DOC Chardonnay 2018

Chardonnay dunque. Di nuovo. Affinato in barrique. Di nuovo. Dopo il Cervaro della Sala 2015 (con saldo di Grechetto, ok, ma le fondamenta, le mura, il tetto e pure le porte del palazzo sono di Chardonnay), il vostro wineblogger feticcio tende la mano ad un altro Chardonnay passato per il rovere. In fondo quest’uva è tra le più diffuse sui filari del globo terracqueo, dunque diventa necessario conoscerne le diverse espressioni da territorio a territorio. 
Globalmente lo Chardonnay è sinonimo di vino chic. Viene inteso in tal senso anche in ambito cinematografico e musicale: per esempio dà il titolo a due brani di Nigiotti e di Biondo (grazie, Google) e Carl Brave lo cita in Chapeau(sul perché io conosca i testi di Carl Brave glisso sapientemente; e comunque è un ex baskettaro, respect). Ordinare uno Chardonnay fa provare al comune avventore una sensazione di charme e signorilità, anche se ordinato in una bettola sudicia e il vino in questione proviene sì da tale uva, ma piantata al lato di un depuratore comunale, alla modica resa di 840 quintali/ettaro da vigne diserbate a napalm.
In questo mare magnum di vinelli bianchi a base Chardonnay, si ritaglia un più che discreto spazio lo Chardonnay Menfi DOC di Planeta. L’azienda è uno dei simboli del vino siciliano, con centinaia di ettari vitati sparpagliati su tutta la Trinacria. Lo Chardonnay in questione proviene da due vigne, Ulmo e Maroccoli, in una posizione fantastica: sulle rive del Lago Arancio, una natura scontrosa, a pochi km dal mare di Menfi e a una ventina di km da un posto, perché non è possibile definirla solo un’opera d’arte, di cui si parla orrendamente troppo poco rispetto l’impatto e la potenza della sua storia: il Grande Cretto di Burri. Un’opera che fa tremare le gambe anche solo guardando le foto; conoscendone la storia non possono che scendere delle lacrime. Planeta mi perdonerà, ma prima di parlare del vino occuperò un po’ del suo post parlando del Grande Cretto.

Fonte: Wikipedia
Gennaio 1968, un sisma feroce devasta la valle del Belice, radendo al suolo, tra gli altri, il paese di Gibellina. Purtroppo la valle del Belice non ha mai vantato un PIL da Isole Cayman, per cui la ricostruzione resta solo un bellissimo concetto astratto, nulla più. Dare nobiltà e funzione di memoria alle macerie di Gibellina fu compito di Alberto Burri. Cementando i resti delle case distrutte dal sisma, Burri ricreò un gigantesco cretto di 8 ettari, stendendo un lenzuolo grigio chiaro sulle pietre informi di Gibellina e legando il suo concetto di arte alla radiografia post mortemdel paesino siciliano che fu, ricreando vicoli, strade e fondamenta. Non ho ancora visto dal vivo il Grande Cretto, ma è nella lista desideri scritto in grassetto.



Lo Chardonnay Menfi DOC di Planeta fermenta ed affina per 10/12 mesi in barriques di primo e secondo passaggio prima di essere imbottigliato. La prima sorpresa alla vista: un colore paglierino tendente al dorato, non il classico giallo oro carico che uno si aspetterebbe da un vino bianco affinato in barrique. Segno che il rovere è stato utilizzato con criterio. 
Al naso è inequivocabilmente uno Chardonnay mediterraneo. La prova è tangibile ed ha un nome ben preciso: pop corn al burro. Ragazzi, c’è il classico burro fuso dello Chardonnay e c’è il mare, una nota salmastra ciclopica. A mio giudizio questo pop corn al burro, pur attenuandosi con il passare dei minuti, svetta un po’ troppo sugli altri sentori, facendo apprezzare lievemente meno gli agrumi, l’albicocca, il tiglio e la ginestra, la nocciola tostata ed una leggera vaniglia. 
La bocca è in linea con le dominanti olfattive: sapidità über alles. L’ingresso è piacevolmente morbido e non manca la componente acida a dar freschezza al palato; sapore più che intenso e persistenza prevedibilmente lunga e complessa, che sfuma su questa forte componente sapida.
Un vino ben realizzato e molto piacevole, ciò è testimoniato anche dal fatto che James Suckling e Robert Parker, con i loro punteggi oltre i 90/100, concordano con il mio giudizio (sì, sono loro a concordare con me. Non ve l’aspettavate, eh?. E lo so, lo so). Però prestate attenzione ad abbinarlo correttamente: tenete conto della sua grande sapidità; il cibo accostato dovrà possedere una quantità di sale ridotta all’osso, una chiara tendenza dolce e non deve difettare di intensità gustativa. Tanto per far nomi, io ci azzarderei una fettuccina ai porcini o al tartufo. 

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