04/10/2021, lezione numero uno

 

Oggi non si scrive di vini assaggiati. Oggi questa porzione di internet verrà utilizzata a mo’ di diario. Perché? Perché è successa una cosa molto bella, una cosa che vorrò ricordare. E dato che la mia memoria è a guisa di Emmenthal, con lacune sparse qua e là (ricordo tutte le battute di Pulp Fiction, ma provate a chiedermi cosa abbia fatto tre ore fa e vi si materializzerà davanti un lemure), questo post mi aiuterà a ricordare quando sarò vecchio e caduco.

Secca secca? Lunedì 04/10/2021 ho tenuto la mia prima lezione a tema vinicolo, la quarta lezione del ciclo di cinque appuntamenti del Corso di avvicinamento al vino organizzato dalla Vineria Bonelli di Via delle Cave 138/140, Roma. Quattordici persone sono state a sentirmi pontificare ed ironizzare (quando se scherza bisogna esse seri) sul servizio del vino ideale in casa propria, di quali calici usare e perché, dell’importanza della temperatura di servizio, ecc.

Ed è stato splendido. Intimorente e splendido. 

 

Confesso che quando iniziai il corso sommelier non ero certo su cosa fare dopo il diploma. Dopo qualche lezione ecco la risposta: poterne scrivere e poter insegnare. Provare a trasferire, a trasmettere questa mia passione anche ad altri. Ok, questo è il desiderio: ce la facciamo a fare l’una e/o l’altra cosa? Beh, non è facile. Serve dedizione, ed avere un imprescindibile lavoro a stipendio fisso intralcia un po’ il percorso (signori, più che ‘l dolor poté ‘l digiuno). Inoltre, non credo di essere mai stato sullo scouting report delle principali testate editoriali vinicole (che Iddio le perdoni). “Pazienza” mi son detto, “io continuo a scrivere e studiare”.

 Il film potrebbe finire qui, se non si affacciasse sul proscenio la deuteragonista, docente delle altre quattro lezioni, che un giorno mi chiede se fossi stato disponibile a mettere i miei talenti al servizio della causa enoica. La mia risposta è stata più o meno: “sicura di non aver sbagliato numero?”. Oh, era sicura: ho accettato saltellando. Così arriviamo al 04/10/2021, e a quello che i miei occhi vedevano prima di cominciare. E che bella sensazione.

 


Ma perché, in definitiva, ne sto scrivendo qui ed ora? Innanzitutto perché è successa una cosa bella, che mi ha reso felice; una cosa che da tempo fantasticavo di poter fare (un Daruma mi è testimone) e che ho avuto l’opportunità di fare. Be’, mi dà gioia poterlo condividere.

Altra cosa che mi dà gioia, e che questo spazio mi permette, è dare il giusto credito alle persone che hanno avuto fiducia in me. Fiducia. È una parola apparentemente innocua, ma dietro c’è un oceano pauroso. Amo dare il giusto peso alle parole, cerco sempre di selezionarle per bene, senza esagerazioni; ‘fiducia’ ha un peso enorme, come un blocco di marmo. Significa che qualcuno ha pensato, magari rischiando qualcosa, “vai tu, fai tu. Andrai bene”. Io ne sono consapevole, è merce rara la fiducia. 

È per questo che non mi basta averlo detto loro a parole, devo mettere nero su bianco la mia gratitudine. Verso Marco, per avermi accolto e permesso di tenere la mia prima lezione nella sua vineria. Ma soprattutto verso Sara, per tante cose: per le lezioni al corso; per l’inoculo del pensiero di voler chiacchierare di vino; per questo regalo grande, la mia prima lezione enoica; soprattutto per la fiducia incondizionata: dai, non ha mai sentito questo cristiano conferire di vino davanti ad una platea di bipedi; sa solo che al corso si impegnava e che scrive ben… decentem… sa solo che scrive. Ciò non le ha impedito di pensare “vai, che andrai bene”, senza alcun “però” a corredo. Capite la potenza di un gesto simile? Io sì. Per cui, per l’ennesima (e non garantisco ultima) volta: Sara, grazie.

 

P.S.: la lezione è andata uno schifo. 

 

 

Scherzo. 

 

[ba-dum tss]