Marco Antonelli – Cesanese di Olevano Romano Superiore DOC “Il Fresco” 2020

 

Mi piace l’estate, non il freddo porco di questi giorni.

Mi piace il rumore della retina di basket.

Mi piacciono le morbide colline dell’Umbria, specialmente quelle della zona di Montefalco: dolci, rotonde, pacifiche.

Mi piace un giorno di pioggia che arrivi dopo dieci giorni di sole. E mi piacciono dieci giorni di sole consecutivi.

Mi piace camminare per Roma; senza meta, senza obiettivo: solo camminare. E osservare.

Mi piace il “clic” del vasetto di confettura nuovo.

Mi piace annusare il barattolo del caffè ogni volta che lo apro. Ogni singola volta.

Mi piacciono mia moglie e mia figlia. Mi piacciono da morire. Mi piace la vita che mi regalano ad ogni istante.

Mi piace chi ha pensato “scriverò un libro” e poi lo ha fatto davvero.

Mi piace parlare alla maniera di Guido Notari.

Mi piace il profumo dei libri e delle matite appena temperate.

Mi piace l’uso che Mike Portnoy fa di bacchette e pedali.

Mi piace il colore dell’alba.

 


Mi piace il Fresco di Marco Antonelli, Cesanese di Olevano leggiadro e compagnone.

Mi piace il suo colore: una lastra di vetro color carminio.

Mi piace il profumo che ha: rosa canina, viola e ciliegie croccanti, marzapane e zenzero, pepe e cardamomo, cenni di ruggine e di macchia selvatica.

Mi piace berlo, sentire come rinfreschi la bocca, come si distenda in lungo e in largo; mi piace l’aroma che lascia per lunghi istanti: fiori, spezie e un leggero amarore.

Mi piace il Fresco di Marco Antonelli, mi piace sempre.


P.S.: per chi volesse saperne di più, magari in maniera meno teatrata, rimando a quanto ho scritto dei vini di Marco Antonelli qui e quo.

 

Verticale, un nuovo magazine a tema enoico


Siamo di fronte ad un periodico semestrale cartaceo. Immaginato da tre trentenni. Stampato in bianco e nero. Unica concessione al colore il rosso della copertina. Copertina che è, tra l’altro, inspiegabilmente tagliata a metà. Invitanti come premesse? 

E poi di cosa parlerebbe questo periodico? Degustazioni verticali di vino. Il nome dell’assassino è già nel titolo, ma per i non avvezzi al linguaggio degustatorio: dicesi ‘degustazione verticale’ una serie di assaggi di annate differenti dello stesso vino.

 



Dunque, tre ragazzi nel 2021 investono per dare alle stampe un magazine che esce ogni 6 mesi, ordinabile solo on line, e che parla di bevute che i tre caballeros, eventualmente coadiuvati da un manipolo di sodali, hanno operato andando a zonzo per lo stivale. Anacronistico? Beh, certamente non molto in linea con i tempi. Ma a parte il fascino infinito della lettura su carta, va detto che i tre moschettieri possiedono una solida credibilità in ambito enoico, oltre a tre notevoli criniere e gusti musicali encomiabili.


• Jacopo Cossater: veronese trapiantato in Umbria (ottimo arrocco), scrive di vino su un’ottantina di testate internettiane, tra le quali Intravino, Linkiesta, Dissapore, Piacere Magazine, Cavalli e segugi, Motori agricoli, ecc. (anche se sulle ultime due non ci giurerei). È anche l’ideatore e conduttore di un podcast eccellente, “Vino sul Divano”, che disgraziatamente è fermo alla seconda stagione. Si occupa di marketing digitale, di e-commerce, e va dicendo in giro che ha anche del tempo libero.

• Matteo Gallello: calabrese trapiantato a Roma, per circa undici anni è stato una colonna portante di Porthos. Cosa è Porthos? Porthos è una sorta di monastero, un tempio al centro di Roma, dove il vino viene celebrato, pensato, discettato. Il demiurgo è Sandro Sangiorgi, e non servono presentazioni. Matteo si è occupato di redazione e didattica fino allo scorso anno. Oggi gira l’Italia proponendo la sua idea di vino; pensieri che valgono la pena di essere ascoltati.

• Nelson Pari: romagnolo trapiantato a Londra (non è un magazine: è un reparto di chirurgia): ci arriva a circa 20 anni, consegue un Master in chitarra jazz, frattanto si interessa di vino e mi diventa wine buyer per il club 67 Pall Mall (non proprio l’osteria di compare Benetti Rodolfo detto Cantuccio a Prossedi). 

 

Ogni numero è composto da sei degustazioni verticali di vini che hanno visto la luce negli anni 2000. Facile fare un pezzo su una verticale di Sassicaia, si scrive da solo: prova a farne uno sul Falistra di Podere il Saliceto (un Lambrusco di Sorbara di una bevibilità sconcertante). E i ragazzi sono abbastanza fuori di testa da averla non solo fatta, ma messa anche nero su bianco. Le degustazioni sono precedute da una presentazione seria e dettagliata del vino, dell’azienda produttrice e del territorio da cui proviene. Poi parte la rassegna delle annate, partendo dalla più vetusta per finire con l’ultima disponibile in commercio; di ogni annata i commenti dei tre degustatori di turno. Commenti, badate bene, anche discordi. Ed è proprio questo, io credo, il valore aggiunto della pubblicazione: il fatto che ognuno dei degustatori abbia il proprio parere sul vino che sta assaggiando. Il vino è materia oggettiva fino ad un certo punto, poi decollano le sensazioni soggettive. Poter confrontare tre pareri differenti dà modo anche di capire il proprio modo di intendere il vino, magari lo stesso vino se si ha la fortuna di averlo a disposizione. 

 

Concludendo: a me il progetto piace, la carta piace, gli argomenti piacciono e gli autori godono della mia massima stima. Non c’era un singolo motivo che mi trattenesse dal dar loro fiducia, ed ho fatto bene. Bravi.

 

VERTICALE.WINE


[In realtà, col senno di poi, uno ce ne sarebbe stato: la spedizione. Ma per quale diamine di motivo nel 2022 si affida la spedizione di un periodico alle Poste Italiane?! Se non si valuta il cambio del corriere, chiedo ufficialmente la spedizione entro la prossima settimana del mio numero di maggio, così forse arriva per tempo.]