Marco Antonelli – Cesanese di Olevano Romano Superiore DOC “Il Fresco” 2018

Può uno scoglio arginare il mare? No.
Può un singolo vigneto generare due diversi vini? Dite di no? Sbagliate.
Siamo ad Olevano Romano, da Marco Antonelli, che la mia torcida ricorderà per la visita dello scorso anno e per il suo magnifico Cesanese di Olevano Romano Riserva “Kòsmos” 2015, degustato qualche tempo fa. Questo sempre che non abbiate ancora assaggiato i suoi vini; in tal caso non avete bisogno di presentazioni (e se non li avete ancora assaggiati, cenere sul capo e correre ad ordinarli).
Il vigneto in questione è su un fazzoletto di circa un ettaro e mezzo, adagiato sul Colle Amici a 300 metri s.l.m., proprio di fronte casa di Marco. Terreno compatto, argilloso ‘rosso’ con componente tufacea, un’estremità nord-orientale della zona legata all’antica attività eruttiva del Vulcano Laziale. Vigne di oltre 50 anni di Cesanese Comune, almeno fino a prova contraria. Dico così perché sono in corso alcuni studi su queste piante, per determinarne l’effettivo biotipo. Gli exit poll danno per favorito il biotipo Cesanese d’Affile, ma aspettiamo i risultati ufficiali. Comunque sia, è da questo vigneto che nascono due tra gli eccellenti vini di Marco Antonelli: Il Fresco e Tyto. Il Fresco è stato prodotto nelle annate 2014, 2016, 2018 e 2019 (imminente l’imbottigliamento di quest’ultimo), il Tyto invece nel 2015 e 2017.
Ora vi domanderete “perché mai Marco chiama il vino di questa vigna un anno in un modo e un anno in un altro?”. La motivazione risiede nell’andamento dell’annata. Se questa è molto calda ci si dirige verso il Tyto, che prevede una macerazione più lunga ed un affinamento in rovere (ma ne parleremo meglio tra qualche giorno). Se invece l’annata ha un altro andamento, Marco opta per il Fresco: pigiatura, fermentazione totalmente spontanea, 4-7 giorni di macerazione e successivo affinamento in acciaio per 6-12 mesi, con quantità di solforosa sempre ridotte all’osso. 
Gli scettici potranno opporre il pensiero, legittimo, che da uno stesso vigneto non sia possibile produrre due vini diversi e ugualmente validi. Bene, io rispondo con un soprannome e un cognome: Bo Jackson.
Bo Jackson è stato un fantastico running back di football americano, Heisman Trophy (miglior giocatore a livello universitario) nel 1985, professionista nella NFL fino a un infortunio al bacino, 4 anni ai Los Angeles Raiders con una convocazione al Pro Bowl, l’All Star Game della NFL. Non ci vedete ancora un parallelo con il Fresco e il Tyto? Bene, allora rileggete la carriera di Bo Jackson sapendo che, durante quegli anni, il buon Bo era anche giocatore professionista nella MLB. Dal 1986 al 1994 Bo Jackson ha giocato come outfielder e battitore designato per Kansas City Royals, Chicago White Sox e California Angels. Ah, anche qui con un’apparizione all’All Star Game di baseball. 
Dunque, Bo Jackson d’inverno arava i campi di football con l’ovale sotto braccio e d’estate malmenava palle da baseball, in entrambi i casi al massimo livello possibile per questi due sport. Ditemi ancora che non è possibile produrre due vini diversi, ed entrambi ottimi, da una singola vigna. 


Veniamo alla parte più divertente, perlomeno per me: l’assaggio.

Parliamoci chiaro, andiamo incontro all’estate: affronteremo una stagione calda e, secondo il classico copione, molti di voi riporranno i vini rossi in un cantuccio ad attendere l’autunno. Errore madornale! Ci sono vini rossi che d’estate sono un ottimo compagno di merende, molto più di alcuni bianchi barricati ad esempio. Vini dal corpo esile ma di solida struttura, con un’ampia dotazione olfattiva, che rinunciano a un po’ di tannino (per macerazione breve o perché naturalmente sprovvisti) privilegiando una discreta acidità. Il Fresco di Marco Antonelli è uno di questi vini.
La 2018 scende nel calice colorandolo di un rosso rubino piuttosto scarico e tendente al granato, luminoso e trasparente, indice del breve tempo a contatto con le bucce in fase di fermentazione.
Il naso è molto fine, di un’intensità olfattiva non aggressiva ma costante e con una bella complessità. L’esordio è a cura delle spezie, che con cardamomo, ginepro, pepe e chiodo di garofano aprono la strada a una più che discreta dotazione di fiori e frutta. Il sentore di glicine è netto e affascinante, corredato da note importanti di marasca croccante ed arancia rossa. Si fanno presenti anche leggeri cenni di tabacco dolce, di ruggine, una balsamicità di canfora e anche un lievissimo goudron. Con il passare dei minuti e anche dei giorni il naso del Fresco resta attraente nella sua elegante complessità.
In bocca, nomen omen, il vino è soprattutto fresco. Il sapore ha giusta intensità e persistenza, con chiusura lievemente amaricante; non è un vino che occupa la bocca e ci resta per ore, né che svanisce prima ancora di deglutire. È un vino che, dati i profumi eleganti e l’irrisoria presenza di tannino, dà il meglio di sé bevuto, per l’appunto, fresco di frigo. 
Un rapporto qualità/prezzo impressionante e una dimostrazione che nel Lazio ci sono viticoltori che producono vini sinceri e comunque eleganti e complessi. Io il consiglio ve l’ho dato, per i ringraziamenti sapete dove trovarmi.

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