Tenute San Leonardo – Vigneti delle Dolomiti IGT “Terre di San Leonardo” 2012

Chi scrive ha avuto, fin da bambino, una sorta di puerile insofferenza per i personaggi famosi, per i nobili, per i ‘top di gamma’. Rivolgevo le mie simpatie sempre verso gli ultimi, i non considerati e tutti coloro che non fossero investiti dal cono di luce della fortuna o della grazia. Una sorta di inconscia fratellanza con i cosiddetti underdog in linguaggio cestistico. Banale esempio, quando guardavo Holly e Benji in tv, il mio preferito era Tom Becker. Lo so, magari vi aspettavate un paragone più elevato; magari un confronto tra Giovanni Fattori e Telemaco Signorini, con il primo che è il più famoso rappresentante dei Macchiaioli a discapito del secondo, i cui dipinti trasmettono una gamma di emozioni (pathos, tormenti, senso di vertigine) che Fattori non riusciva a generare in modo così pieno e violento. E invece vi siete beccati Oliver Hutton e Tom Becker.
Insomma, tutto questo per dichiarare la mia iniziale, istintiva e superficiale sfiducia per tutte le cantine e i vini che fossero ammantati da un’aura nobile o comunque fossero prestigiosi. Pensavo che i prezzi dei monumenti enologici italiani ed esteri fossero inconcepibili, che il vino non dovesse essere un bene di lusso e che un Premier Grand Cru Classè di Bordeaux avrebbe potuto tranquillamente rivaleggiare con il blend di uve ignote de poro nonno (non il contrario). Poi arriva il corso sommelier FIS ed ho l’opportunità di assaggiare tantissimi vini, alcuni dei quali provengono da quel mondo che io guardavo come un inglese guarderebbe un francese mentre recita il Macbeth. Fa parte dell’evoluzione è riconoscere i propri difetti ed elaborare una strategia per eliminarli o, perlomeno, tenerli a freno per mezzo della ragione. E solo frenando i miei istinti infantili ho potuto cominciare ad apprezzare a fondo tali vini, a comprenderli un po’ meglio, a criticarli anche, ma sempre senza pregiudizi. 
Tutto ciò per dire che, di fronte al second vin dei Marchesi Guerrieri Gonzaga, produttori del mitico “San Leonardo”, una volta avrei avuto delle difficoltà nell’approccio e nel riconoscerne l’effettivo valore. Valore che, dopo averlo provato, posso dire essere assolutamente evidente, a fronte di un prezzo da vino quotidiano.


Il “Terre di San Leonardo” nasce sugli stessi terreni del San Leonardo ed utilizza il medesimo blend di uve (Cabernet Sauvignon, Merlot e Carmenère). Resa per ettaro di 70/80 q/Ha, l’80% della massa affinata per 18 mesi in botti di rovere di Slavonia da 60 hl e il restante 20% fa almeno 6 mesi di barrique. L’assemblaggio attende almeno 6 mesi in bottiglia nella cantina della tenuta prima di andare in giro per il mondo.
Vino da consumo piuttosto immediato ma capace anche di invecchiare bene per qualche anno. La mia fortuna è stata trovare in enoteca una 2012, e penso di aver trovato questo vino al suo apice evolutivo. Di un rosso granato pieno, praticamente trasparente nel calice. 
Naso magnifico. Il primo sentore, a calice fermo, è un intenso cioccolato bianco su sottofondo ematico. Poi, ruotandolo, il vino esprime una seducente complessità. Lo so, ho appena fatto un pezzo dove rido della terminologia spinta applicata all’analisi organolettica del vino (e se non lo avete letto, cliccate qui e redimetevi), e appena un articolo dopo mi ritrovo ad usare il termine ‘seducente’? Eppure c’è un motivo: il dizionario Sabatini-Coletti riporta come significato di seducente: “Che attrae in modo particolare, che affascina, alletta”. Bene, il profumo, splendidamente ampio, di questo “Terre di San Leonardo” 2012 attrae, affascina e alletta. Invita costantemente ad annusarlo ancora e ancora, a cogliere tutte le sue sfumature odorose: prugna matura, frutta rossa in confettura, un pot-pourri di fiori, vaniglia, pepe nero, noce moscata, chiodo di garofano, un leggero sottobosco, legno di sandalo, profonda balsamicità, cuoio, caffè e cacao. Nessuna traccia del peperone cabernettiano, tradotto in una moltitudine di spezie da mani capaci.
E se il naso è di questo calibro, le aspettative sul gusto aumentano. E, con mia grande soddisfazione, vengono rispettate alla grande: freschezza ancora percepibile, tannino levigato, gran corpo e chiusura molto lunga su note di cacao amaro. 
A livello di rapporto qualità/prezzo, uno dei migliori vini che abbia bevuto finora. No, mi dispiace per quello che pensavo fino a qualche tempo fa: qui c’è nobiltà, c’è prestigio e c’è, obiettivamente, un grande vino, fatto da persone realmente capaci ed accessibilissimo a tutti. 

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