Piccolo ed arbitrario compendio di personalità reperibili agli eventi del vino

Non sono un sociologo, tantomeno uno psichiatra. Non possiedo le nozioni per poter catalogare con cognizione di causa i comportamenti delle persone, né gli strumenti che consentano di scandagliare la mente umana. Sono però un osservatore perspicace. In pochi istanti riesco a tratteggiare le caratteristiche peculiari di chi mi è attorno, intuendone il carattere e valutando anche quanto potrà essere il mio livello di sopportazione nei rispettivi confronti. Già, non sono una persona facilissima. Eppure non ve ne accorgete, perché mantengo sempre un contegno tale da far sentire chiunque ben accolto. Questo perché, fondamentalmente, sono una persona eccezionale. Ma basta parlare di me.
La frequentazione di eventi legati al mondo del vino mi ha portato a stilare un piccolo compendio, un Bignamino, delle principali personalità in cui si può incappare. Che siano eventi di massa o piccole degustazioni da enoteca, la prossima volta potrete inquadrare l’uomo o la donna al vostro fianco in una o più delle seguenti categorie. Potreste inquadrare anche voi stessi. O me. Ma basta parlare di me.


[Game of Thrones - HBO]
Il saccente borioso: la persona in questione si aggira tra i banchi di degustazione con passo lento, schiena dritta e un sorrisetto di autocompiacimento. Conosce i produttori e sa come questi vinifichino. Il saccente borioso non sosta davanti a uno stand per meno di mezz’ora. In quel lasso di tempo sequestra il malcapitato vignaiolo, parlando fondamentalmente solo di sé stesso. Se chiede i dettagli dei vini in mescita, non manca mai di commentare ogni informazione ricevuta con espressioni come “beh, è ovvio”, “come immaginavo” o “naturalmente”. Perché lui di vino ne sa. Anche più del vignaiolo.


[Wikimedia Commons]
Il saccente borioso ignorante: è l’involuzione della specie. L’atteggiamento è lo stesso del saccente borioso, con la differenza che conosce il vino quanto Mario Balotelli la meccanica quantistica. I poveri vignaioli con cui entra in contatto devono armarsi di pazienza, perché ciò che questo individuo dice è legge. Non importa che non abbia studiato né abbia mai letto libri sul vino, lui beve vino da quando Dino Zoff giocava nelle giovanili della Marianese. Dunque ha tanta esperienza. Dunque è un esperto. Non ha idea di come avvenga la malolattica, ma dice di capire se un vino l’abbia fatta o meno roteando il calice. Calice che, rigorosamente, brandisce dal bevante. 


[Wikimedia Commons]
Il/la vinonaturalista: il/la vinonaturalista non considera la forma, bada solo alla sostanza. Il suo vestiario è il più informale possibile. La formalità è una convenzione forzata, e lui/lei odia la convenzionalità. E le pratiche di forzatura. Se un vino è stato filtrato, chiarificato o solfitato, lo ritiene meno di una bevanda. Peggio che mai se la fermentazione non è stata spontanea. I vini bianchi devono essere orange o perlomeno torbidi, altrimenti sospetta ci sia sotto qualcosa di losco. Stesso dicasi se i vini non sono stati affinati in anfora o in cemento. L’acciaio è dannoso, la barrique è il male. Se il vino ha le famose ‘puzzette’ è genuino, se non le ha è sospetto. Predica a tutti, non richiesto/a, la sua concezione di vino buono, pulito e giusto. La notte però, al riparo da occhi indiscreti, beve Coca-Cola.


[Wikimedia Commons]
Il distributore: lui non è lì per bere, per assaggiare, per giudicare. No. Lui è lì per fare affari, per fare business. Crede di essere Gordon Gekko, dispensa sorrisi ed attenzioni a chiunque (che durano da 1 a 1,3 secondi) ed elargisce generosamente biglietti da visita ai produttori, anche a quelli che già lo conoscono. I suoi gesti sono veloci ed ampi, anche troppo, ma non è un problema se urta qualche poveraccio. Perlomeno, non è un suo problema. Se è in compagnia di conoscenti mostra quanta solida amicizia e stima reciproca ci sia tra di lui e il produttore che ha appena conosciuto. Qualsiasi vino che assaggia ha carattere, ha stoffa, ha classe. Sempre. Generalmente non regge il vino e al terzo sorso finisce KO come Clubber Lang.


[Youtube.com]
Lo studente sommelier: poveretti. Gli studenti di un corso sommelier attendono la loro prima degustazione con grande eccitazione. Centinaia di vini diversi tutti disponibili, tutti da assaggiare, tante domande da fare ai vignaioli. Poi, entrati all’evento, sono impreparati. Non sanno da quale produttore andare prima e quale schema seguire. Allora improvvisano, domandano, appuntano le risposte su un taccuino, abbozzano anche qualche nota di degustazione dei primi assaggi. Arrivati al terzo o quarto produttore sono confusi e stanchissimi. Proseguono l’evento solo bevendo, dimenticando il taccuino in tasca o su un banchetto.


[Wikimedia Commons]
Il/la wine blogger: non è più giovane, non è ancora vecchio, non è preistorico né tecnologico, il/la wine blogger non è né carne né pesce. È tra color che son sospesi, un rosato da salasso, un Lambrusco Grasparossa: non viene dileggiato ma neanche elogiato. In pratica: non se lo fila nessuno. Lui/lei vuole comunque dire la sua. E dirla con tante parole. 2000 caratteri non bastano. Parole che pochi leggeranno, ma a lui/lei non interessa. E questo non è vero. Ma basta parlare di me.
Il/la wine blogger va alle degustazioni preparato, gli/le piace fare bella figura. Quando è convinto di avere in pugno il vignaiolo si presenta: prima il nome del blog, poi il suo nome. Poi di nuovo il nome del blog. Ha scelto un nome più ostico di un’industria tedesca, almeno un paio di volte deve ripeterlo. È preparato, o almeno crede di esserlo. Vorrebbe essere letto da enologi e vignaioli, realmente non lo legge neanche il suo condominio. Scrive di vino per pura passione, senza alcun tornaconto. Il sospetto è che vada agli eventi per trovare finalmente questo tornaconto. 


[Donnaglamour.it]
Il/la wine influencer: giovani trendyfresh e stylish, con un seguito di centinaia/migliaia di followers ed una solida reputazione nel mondo dei social media. I/le wine blogger li/le vedono come un’involuzione della specie, venendo snobbati a loro volta da questi come polverosa anticaglia. Il/la wine influencer punta allo stomaco di chi guarda, punta all’immediatezza, punta ai like. Per questo si direziona solo verso produttori in giacca e camicia, con vini dai 50 € a salire e con etichette glamour. Lo smartphone è un arto aggiunto con il quale fotografano nell’ordine: etichetta, bicchiere inclinato e bicchiere che ruota con effetto rallenty, più selfie con il produttore. Sforna stories e post farciti di hashtag. Sarei ingiusto però se dicessi che si tratta solo di apparenza. Perché il/la wine influencer recensisce sempre il vino che assaggia, dividendo i giudizi tra “wow” e “no, cioè… top”.


[Ilfattoquotidiano.it]
L’accompagnatore: persona caritatevole che viene solo per fare un favore all’enofissato al loro fianco. Non capisce di vino e non ha interesse a capirne. È un tipo semplice. Non trova differenze tra un Cervaro della Sala e un Müller Thurgau dell’Eurospin. Non le cerca neanche. Al ristorante ordina il mezzo litro della casa senza avere alcun moto interiore di vergogna. Agli eventi si limita a bere quello che viene versato loro nel calice, annuendo in silenzio alle parole dell’amico enofissato. Ascolta tutti i discorsi che vengono fatti con la faccia del gallo Heihei del cartone animato ‘Oceania’. Si domanda perché tutta questa gente sia così eccitata per il risultato della fermentazione alcolica di un frutto. Probabilmente loro sono quelli che hanno più ragione di tutti.


[Youtube.com]
L’avvinazzato: agli eventi, alle degustazioni, questa tipologia di persona cerca in tutti i vini che assaggia una ed una cosa soltanto: l’alcol. L’avvinazzato gira per i banchetti incuriosito dalle etichette, dai colori, dai produttori (più spesso dalle produttrici). Inizialmente si mostra interessato, lo sguardo è convinto e il piglio quello giusto. Poi apre bocca, e si svela in tutto il suo splendore: “che mi dai un bianco”? Già, l’avvinazzato va agli eventi solo per placare la sua sete. Non gli interessa se la bollicina del vignaiolo che ha di fronte è un metodo classico da Pinot Nero valdostano affinato metà in botte di ciliegio e metà in anfora, 48 mesi sui lieviti, dégorgement à la volée; la sua richiesta sarà sempre una sola: “mi fai assaggiare ‘sto prosecchino?”, facendo calare un velo di tristezza sull’intera manifestazione.

Questo è quanto ho percepito nelle mie enouscite. Se avete letto la lista fino alla fine siete dei pazzi scriteriati ed avete tutta la mia gratitudine.

P.S.: Disclaimer, per me non necessario, ma hai visto mai: la lista è stata redatta facendo largo utilizzo di ironia, sarcasmo ed altre cose mai possedute da Cicerone. Se qualcuno si fosse sentito turbato, offeso, financo vilipeso, non posso fare altro che esclamare un perentorio e solenne “e mannaggia”.

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