Degustazione vini Azienda Agricola Adanti, 26/10/19

Dopo aver raccontato la bellissima, ancorché parziale, storia di Alvaro Palini, Domenico Adanti e della loro idea meravigliosa di vinificare in secco il Sagrantino, credo sia giusto parlare anche di cosa io abbia bevuto da Adanti durante la mia visita dello scorso 26 ottobre. Visita e degustazione sono state magistralmente condotte dal buon Alessandro Albergotti, perfetto cantore di cantina e vini. Molto inopportunamente ho domandato di poter vedere il mitico Sagrantino in appassimento. Alessandro, che è persona buona, mi ha accontentato, ed io ho assaggiato l’acino d’uva più buono di tutta la vita.

Grappoli di Sagrantino Adanti in appassimento
La degustazione stava per cominciare, quando lo squillo del telefono interrompe il normale scorrimento della faccenda. Benedetta telefonata: all’altro capo c’era la vera Umbria, personificata per l’occasione dal signor Alessandro di Torre del Colle, frazione di Bevagna, il quale voleva parlare con l’agronomo di Adanti per metterlo al corrente di una discreta quantità di letame pronta per loro. “È più pecora che vacca. Oh, è maturo. Così gli diamo da mangiare a ‘ste pianticelle”. Immensa la chiosa finale: “Ah, anche tu ti chiami Alessandro? Se troviamo il terzo gli facciamo paga’ da be’”. A me sembrava più che giusto. E ancora dovevo cominciare a bere.
Riportando il tutto sui binari della serietà (per quanto possibile), la degustazione ha coinvolto praticamente tutta la gamma proposta dalla Cantina Adanti (due bianchi, un rosato e poi rossi fino alla fine).


Umbria Bianco IGT “Arquata Bianco” 2018; 70% Grechetto, 30% Chardonnay. Connotato da mineralità salmastra e note di mela Golden, accompagnano note di gelsomino, di fieno e una lieve nocciola tostata. Un bianco delicato e molto piacevole.
Montefalco Grechetto DOC 2018. Un profumo più ‘denso’ rispetto all’Arquata Bianco, più fruttato e floreale, con frutta esotica, agrumi e ginestra a condurre. Si apprezzano note di foglie di coriandolo (le riconosco bene queste note perché io, il coriandolo in foglie, non lo apprezzo proprio!).
Umbria IGT Rosato “Amanter” 2017; 100% Sangiovese, 10 giorni di macerazione sulle bucce. Assaggiato già qualche mese fa, colpisce per la forte connotazione agrumata, a guisa di arancia rossa, tanto al naso quanto in bocca; una mineralità ferrosa, ematica, sostiene olfatto e gusto. Piccoli cenni di rosa e fragola ancora resistono allo scorrere del tempo.


Montefalco Rosso DOC 2015; 70% Sangiovese, 15% Sagrantino, 5% Merlot, 5% Barbera, 5% Cabernet Sauvignon. 18 mesi di botte grande poi affinamento in bottiglia. Signori, uno dei miei preferiti. Un vino di un’agilità e di una bevibilità incredibile. Naso di frutta rossa croccante, fragoline, ribes e more. C’è un soffio di vegetale, una nota intensa di mirto e di pepe, un ché di agrume rosso e di terra bagnata. La bocca è fresca e succosa, ben equilibrata da un tannino vellutato. Non se ne berrebbe mai abbastanza (sempre occhio alle quantità! Bevete bene ma bevete poco, scellerati!).
Montefalco Rosso Riserva DOC 2014; 70% Sangiovese, 15% Sagrantino e 15% Merlot. 30 mesi di botte grande, età media delle viti attorno ai 20/25 anni. La Riserva è più opulenta della versione ‘base’, con un carattere più deciso. Naso di frutta rossa matura, prugne e more, di cuoio, di spezie scure, liquirizia e vaniglia. Al sorso anche è meno immediato del Montefalco Rosso ‘base’, più morbido e ‘saporito’. Vino che si apprezza di più abbinato a qualche pietanza che in degustazione isolata.


Umbria Rosso IGT “Arquata Rosso” 2012; 40% Cabernet Sauvignon, 40% Merlot, 20% Barbera. 30 mesi in barrique di rovere, un’altra cinquantina di mesi in bottiglia in bottiglia. Il ‘vino matto’, la creatura di cui Alvaro Palini andava tanto fiero (sempre senza darlo a vedere a nessuno, siamo comunque umbri). L’annata è stata caratterizzata da un’estate piuttosto fresca per le medie stagionali. Il vino rispecchia l’andamento della stagione donando una freschezza ben in mostra, non proveniente esclusivamente dalla Barbera, con una bocca piuttosto centrata sulle durezze. Profumi di frutta rossa ancora croccante, di ribes, more, rosa, con nota vegetale del Cabernet apprezzabile, humus e china. Vino ottimo ma che vedrà premiata un po’ di pazienza.
Umbria Rosso IGT “Arquata Rosso” 2011; 40% Cabernet Sauvignon, 40% Merlot, 20% Barbera. Tutt’altro discorso per l’Arquata Rosso 2011, annata con primavera piovosa ed estate calda. Il vino in questione è magnifico già ora, con i suoi finissimi profumi di frutti di bosco, di glicine, di noce moscata e chiodi di garofano, di pelle conciata, con una balsamicità mentolata, con la nota vegetale molto sottile, con un finale di liquirizia e cacao. Bocca che ‘inganna’, partendo lievemente abboccata (grazie, Merlot) per concludere su un gentile amaricante di cacao. Un vino davvero grande.


Montefalco Sagrantino DOCG 2012. 60 giorni sulle bucce, 3 anni di botte grande e 3 anni (almeno) di bottiglia. L’uva più tannica d’Italia ha fatto tesoro dell’annata fresca e gli anni di affinamento pare non abbiano scalfito le durezze, che entrano in bocca ancora a gomiti alti. Il Sagrantino in generale richiede pazienza, la quale viene sempre premiata con un profumo e sapore grandiosi. Fatto oggettivo è che questo vino non difetta di eleganza. Anzi, questa caratteristica accomuna tutti i vini di Adanti: l’eleganza sarà sempre presente nel calice, a prescindere dal vino. Tornando a bomba su questa 2012, il naso è ancora giovane. Si sente la terra, la frutta croccante (ciliegie e fragole), spezie scure e accenni di terziarizzazione ancora in divenire (cacao e un leggero cuoio). Dategli tempo, saprà ripagare.
Montefalco Sagrantino DOCG 1999. Qui debbo doverosamente ringraziare Stephanie Johnson, Italian Wine Editor per la rivista  ‘Wine & Spirits’. No, non ho conoscenze così importanti, non millanto credito. La ringrazio perché è grazie alla sua visita della sera precedente che io ho potuto trovare questo capolavoro sul mio tavolo. Non ho mai bevuto niente di più emozionante. Io per primo parlo di longevità del Sagrantino, ora ne ho però avuto la splendida riprova. Signori, mi auguro che tutti voi possiate un giorno bere un Sagrantino del genere, sinceramente. Andando sul concreto, il vino nel calice è granato pieno, di virare all’aranciato non ci pensa nemmeno (ricordate: 20 anni). Il naso è, ripeto, emozionante: visciole e prugne mature, mora e fragolina di bosco ancora viva, carne cruda (moderata mineralità ferrosa, per gli impressionabili), humus, pepe nero e noce moscata, balsamicità ancora notevole, poi scatola di sigari, cuoio, cioccolata… In bocca entra con soave grazia, senza pungenze. Il tutto è molto equilibrato, il tannino c’è ma è più tenue, la freschezza ancora è presente e si nota di più la morbidezza. Vino stratosferico, grazie ancora Mrs. Johnson.
Come bonus track avrei altri due vini, assaggiati lo scorso giugno. Già che ci sono…


Montefalco Sagrantino DOCG “Il Domenico” 2007. Si tratta di un cru, un vigneto di circa 40 anni piantato a 400 metri d’altezza sulle colline di Colcimino. La morfologia del terreno è differente dagli altri ettari vitati dell’azienda, e si caratterizza per una maggiore percentuale di carbonati e un’importante presenza di scheletro nel suolo. Queste due caratteristiche contribuiscono a dare maggiore finezza e longevità al Sagrantino dedicato a Domenico Adanti, il fondatore dell’azienda (ricordate? ne avevamo parlato qui). “Il Domenico” in effetti è connotato da note più fruttate che terragne, con una notevole profondità olfattiva, sempre riconducibile ad un Sagrantino ma con sfumature più ‘gentili’. L’effetto si replica in bocca, una grande complessità aromatica che si affianca ad una persistenza notevole. Ecco, provare questo vino dopo 20 anni di affinamento potrebbe essere un’esperienza ancor più emozionante.
Montefalco Sagrantino Passito DOCG 2010. Il Sagrantino come è sempre stato, un vino passito da gustare durante il periodo pasquale. La versione di Adanti è semplicemente stupenda. La concentrazione di profumi del passito di Adanti lascia stupefatti. Frutti di bosco e visciole in confettura affiancati dalla terra bagnata, spezie dolci, mirto, cuoio e tabacco da pipa. Bocca fresca e dolce, ma con la presenza dell’immancabile tannino che eviterà sempre il rischio di stucchevolezza, rischio che molti altri vini dolci corrono. A sua volta la dolcezza modera il tannino, ovviamente qui più concentrato (e potenzialmente più percepibile) rispetto alla versione secca. Persistenza misurabile con una meridiana. Non ho aggettivi che non siano banali per dirvi quanto questo passito mi piaccia.
Il tratto distintivo di tutti i vini della Cantina Adanti è una finezza riscontrabile ad ogni singolo assaggio, la non scontata capacità di trasmettere le caratteristiche della propria annata, senza che vari il costante piacere nel berlo. Complimenti ragazzi.
Alessandro (a destra), un simpatico ed appassionato degustatore di vini (a sinistra) ed un vino meraviglioso (al centro)

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