Charly Nicolle – AOC Chablis “Per Aspera” 2018

 

Per aspera ad astra” è una locuzione latina che sicuramente conoscete. Di base vuol dire che attraversando le difficoltà si può raggiungere il successo, la vittoria. L'avrete letta senz'altro nelle bacheche Facebook di persone che gestiscono il latino come Sgarbi il senso della misura e del ridicolo. 

Il vino che questo bell'omino ha stappato è stato per l’appunto chiamato “Per Aspera”, e ne ha ben donde. È uno Chablis, zona che fa parte della Borgogna, localizzata più a nord della Côte d'Or, e le asperità non si riferiscono tanto (o solo) al terreno ma comprendono tutte le caratteristiche del terroir chablisienne, una in particolare: in Chablis fa un freddo porco. È per questo motivo che la zona è equamente ripartita tra riva destra e sinistra del fiume Serein, ripetiamo tutti insieme: i corsi e gli specchi d'acqua fungono da volano termico, mitigando le temperature e riducendo l'escursione termica giorno-notte. Sì ma siamo comunque sul 48° parallelo, il rischio di incappare in gelate primaverili ed autunnali è frequente come trovare un fake-centurione sotto il Colosseo. 

Nello Chablis l'uva è una ed una soltanto: lo chardonnay. E qui potete maltrattarlo, coccolarlo, fargli fare acciaio, fargli fare legno grande o piccolo, lui uscirà fuori in un unico modo: citrino ed affilato come un rasoio. Con un clima del genere lo chardonnay non esprimerà mai i toni burrosi e tropicali di altre latitudini, viceversa conserverà gelosamente una quantità di acidi fissi tale da far contrarre ogni singolo muscolo facciale ad ogni sorso. Ah, potete anche fargli fare la malolattica, e in zona la agevolano in tanti, ci sarà sempre parecchio acido malico con cui avere a che fare.

Altra caratteristica dello Chablis è il celeberrimo suolo kimmeridgiano: si tratta di un terreno sedimentario di origine giurassica (150 milioni di anni fa circa), costituito da marne grigie, calcare e gesso, la cui peculiarità è la presenza di minuscoli fossili di ostriche denominate exogyra virgula

Freddo e terreno di origine sedimentaria marina, abbiamo individuato i due marcatori fondamentali dei vini dello Chablis. Verifichiamo che ciò sia vero.

 


Nel calice lo Chablis “Per Aspera” 2018 è di un prevedibile giallo paglierino assai tenue. Anche il naso trasmette un'idea di freddo: lime, pesca bianca, biancospino, mandorla fresca e crema di latte (sospetto sia opera della malolattica). Il leit motiv olfattivo però è uno soltanto: mineralità. Un sentore costante nel tempo, a metà tra la ghiaia bagnata e  le conchiglie (sì, magari è suggestione, magari io so che nel terreno ci sono le conchiglie allora ci associo le conchiglie, tutto può essere. Però il profumo dello Chablis ricorda davvero quello delle conchiglie. La controprova potrebbe solo essere una degustazione alla cieca, ma finché non mi invitate non potrò venire dileggiato!).

Bocca freschissima, ma la quota acida non dà la rasoiata che mi sarei aspettato. C'è spazio per una discreta morbidezza e una tenue sapidità. Il vino ha sapore molto intenso e persistente, con chiare sensazioni fruttate che restano dopo la deglutizione. Un vino elegantissimo ed un ennesima faccia dello chardonnay, che sarà pure un vitigno piantato nel mondo anche lungo le autostrade, ma nei suoi territori vocati perde qualsiasi accenno di banalità e si esprime a livelli eccelsi.

 

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