Olivier Chanzy – Vin de France Pinot Noir “Collection” 2018

Doveva pur arrivare questo momento. Il momento in cui avrei, senza alcuna pietà per cose e persone, giudicato negativamente un vino. La prima stroncatura ufficiale del Catcher.

Spoiler: questo vino non mi è piaciuto. 

Meglio: questo vino, dati provenienza e uvaggio, si è dimostrato, a mio irrilevante giudizio, ben al di sotto delle aspettative. 

In pratica, la storia è che in un copioso ordine fatto ad un’enoteca romana in tempi di lockdown, faccio capitare anche qualche vino dalla Francia, tra cui questo Vin de France (manco de Bourgogne… già lì avrei dovuto sospettare qualcosa), al prezzo di 20 € circa. Col senno di poi è chiaro che sarei andato incontro alla malora a passo di danza: in Borgogna, se si parla di vini di livello anche solo medio, per 20 € ti vendono sì e no la bottiglia vuota. Ad ogni modo, ero contento di aver posto le mani su un ‘Borgogna’, dato che il mio unico assaggio di Pinot Nero d’oltralpe mi aveva parecchio emozionato (Domaine Stephane Magnien, Morey-Saint-Denis, Grand Vin de Bourgogne “Grains Fins” 2016. Cote d’Or. Tra i 60 e i 70€ a bottiglia). 

Olivier Chanzy ha la sua Maison a Meursault, in Côte de Beaune, e produce vari Premier Cru borgognoni (Meursault, Vosne Romanée, Montagny). Nella sua produzione trova spazio anche questo Vin de France a base Pinot Noir, presumo per chi voglia avvicinarsi alla Borgogna senza dover rinunciare ad uno dei tre pasti giornalieri per un mese (se bastano). Il mio consiglio è di arrivarci da altre strade (una può essere partendo dalla Toscana e passando da Valle d’Aosta, Alto Adige, Baden e Rheingau) e continuando a godere regolarmente di colazione, pranzo e cena.

 

 

Insomma, arriva la sera che decido di aprire questo Pinot Noir. Tolgo la capsula e… che roba è? Tappo in silicone nero, con circolo concentrico rosso sulla sommità. Avete presente quando fischiate a un cucciolo di cane? Ecco, io ho flettevo la testa in quel modo. Timoroso come un ladro in questura mi avvicino con il cavatappi, chiedendomi se il tappo fosse talmente avveniristico da espellersi automaticamente alla rimozione della capsula, magari con annesso conto alla rovescia, e quindi se avessi forato quella meraviglia dell’ingegneria transalpina avrei generato una falla nel continuum spazio-temporale che mi avrebbe trasportato a Roma al tempo dei Lanzichenecchi. Io, in bermuda e maglietta. Con un cavatappi in mano.

Fortunatamente il tappo era solo un tappo e il cavatappi era lo strumento adatto allo scopo. Così, dopo averlo estratto, guardandolo ancora con sospetto, verso il vino nel calice, dove va ad esibire un colore rubino pieno che vorrebbe provare ad essere granato, di degna trasparenza e distintamente compatto.

Il naso è e non è. Intendo dire che è abbastanza inconfondibilmente un Pinot Noir, ma allo stesso tempo mi manca l’eleganza che sanno esprimere i Borgogna (sempre uno solo ne ho assaggiato in passato, ok, ma è comunque una caratteristica conclamata l’eleganza dei Pinot Noir di quelle latitudini. Questo vino non mi è parso elegante). Appena versato le prime note sono di legno umido, di polvere, di pepe nero e di marasca croccante. Poi, mano a mano, vengono fuori altri sentori: su tutti svetta l’arancia sanguinella, e di tanto; poi chiodi di garofano e macis, grafite, insistenti sbuffi di erba di sfalcio, una lieve ematicità, cacao. Sul finale si nota anche una nota che ricorda le palline di naftalina e un lieve petalo di rosa. Il descrittore finale, completo ed esaustivo, l’ha coniato mia moglie, con cui concordo pienamente: un’arancia rossa sparsa dentro il cassetto dei vestiti di nonna. Applausi, inchino e sipario.

Alla fine comunque il naso, pur non risultando emozionante (argomento comunque piuttosto soggettivo), mostra una bella complessità. È in bocca che ho provato la delusione: un ingresso che ho definito burbero, scontroso: una sensazione amaricante predominante, che resta dall’inizio alla fine del sorso, accompagnata da una freschezza sugli scudi, che in solitaria darebbe brio al sorso, ma che affiancata a questa sensazione d’amaro dà vita a una coppia non molto gradevole. Il tannino è docile anche se forse un po’ verde (e potrebbe questo contribuire all’amaricante), il sorso è di buona intensità e medio-lunga persistenza, che chiude sull’amaro della radice di liquirizia e su un ricordo di carne cruda.

È più che sicuro che non ricomprerei questo vino. Per la Borgogna meglio mettere da parte i soldi per comprare bottiglie da almeno 50 €, anche magari le altre dello stesso Olivier Chanzy, perché no. Ma se mai vi venisse in mente di spendere 20€ per un Borgogna, date retta a me, lasciate stare l’oltralpe e comprate in casa nostra: tanto per fare un esempio, un Cesanese di pari costo (del Piglio, di Affile o di Olevano Romano). Non avrà l’allure del Vin de Francema, a parità di prezzo, a livello qualitativo e di soddisfazione delle papille gustative per me non c’è partita (ora immagino i commenti: “questo sedicente e saccente wineblogger afferma che il Cesanese è il Pinot Noir del Lazio”. Calma, santo cielo).

Infine, un’ammissione: pensavo fosse più divertente ‘stroncare’ un vino. Chiariamoci, sono di origine romana: la parte migliore del mio umorismo sta nella critica feroce ed esagerata, anche delle piccole cose. E invece l’istinto qui mi porta ad andarci cauto. È prima di tutto questione di rispetto, soprattutto per la fatica di chi quel vino, sgradevole quanto ti pare, l’ha fatto. Bere e scrivere fiacca certamente meno che stare un anno intero in vigna (più i lavori in cantina e le attese degli affinamenti e la vendita…), per cui sempre massimo rispetto verso la fatica dell’uomo. E poi una critica posta con le giuste parole potrebbe anche essere, nel migliore dei casi, costruttiva. 

No, non credo che monsieur Chanzy verrà mai a dirmi “Mas voilà monsieur Lucianò, la ringraziò per la criticà educatà, adessò saprò far megliò il mio mestierè”. Più probabile che possa dirmi “mas tu, che non hai la minimà ideà del gustò del Pinot Noir, come ti permettì di giudicar malè qualcosà che non conoscì profondamànte?”. E ho capito Olivier, ma abbi pazienza, se non posso dire la mia nemmeno qui allora come funziona? 

Eh? 

E dai. 

E ‘nnamo. 

E su. 

E allora. 

Ecco.

Nessun commento:

Posta un commento