Memorie di un enofilo: Vignaioli Naturali a Roma, 26/01/2020 (Parte I)

Non mi dà noia andare agli eventi del vino da solo. Sebbene non ami la solitudine né sia un sociopatico (non del tutto, almeno), in questo modo posso assaggiare i vini con calma, sviluppare il mio pensiero con i miei tempi e parlare con i vignaioli quanto voglio. E così è stato per Vignaioli Naturali a Roma 2020, evento che si tiene ogni gennaio nella splendida cornice / incantevole location del Grand Hotel Westin Excelsior di Via (Vittorio) Veneto a Roma.


La manifestazione vede ogni anno la partecipazione di un centinaio di produttori, alcuni nuovi ed altri ormai affermati. Io amo essere il più organizzato possibile, per cui prima di andare ho stilato la mia bella listarella di vignaioli da visitare, con tanto di ordine di assaggio, sapendo già che sarebbe andato tutto alla malora una volta entrato. Ma è solo essendo organizzati che si può improvvisare bene. Quindi, ondeggiando tra schemi ed estro creativo, ecco una sintesi di quanto è stato detto, fatto e bevuto la scorsa domenica. 



Un benvenuto che si rispetti viene sempre accompagnato dalle bollicine, per cui ho optato per La Palazzola di Stefano Grilli, un metodo classico da uve Cabernet: oro rosa, sapido e con piacevole nota di arancia rossa. Per gli spumanti di Stefano Grilli servirebbe un post a parte. Magari un giorno…



Si passa poi ai bianchi, partendo dall’Alto Adige con Garlider: un Müller Thurgau 2018 delizioso ed un Sylvaner 2017 strepitoso. Quindi ci si sposta in Germania, da Weingut Molitor Rosenkreuz, Riesling della Mosella. Una 2015 ancora ‘limonosa’, una 2014 non filtrata con freschezza ben mitigata, ed una 1999… meravigliosa, non aggiungo altro.


Tornando verso terre più prossime, Aia delle Monache con il suo splendido Asprinio di Aversa  frizzante 2018 sur lie. Non avevo mai assaggiato l’Asprinio e ne sono stato rapito, una verticalità magnifica. Nota a margine: i nomi dei vini di Aia delle Monache vincono a mani basse il premio della critica (ad esempio il nome dell’Asprinio è ‘L’intruso brillo col naso all’insù’).



Si continua sulla scia bianchista andando ad assaggiare il Trebbiano d’Abruzzo ‘Mario’s 45’ 2017 della Tenuta Terraviva, Vino Slow 2020, sapido e assai profumato di fiori e frutta a polpa bianca. Quindi si scollina nelle vicine Marche, direzione Fattoria San Lorenzo, il Verdicchio dei palmipedi. In ordine crescente di mesi elevazione sui propri lieviti, l’assaggio è stato: prevalentemente fresco il ‘di Gino’; fresco con piacevole componente sapida il ‘Le Oche’; molto complesso al naso, sapido e molto persistente il ‘Campo alle Oche’.



È il momento dei rossi, il primo dei quali è la  sorpresa di questo evento: Cantina Morone, Barbera del Sannio IGP (che dal prossimo anno si chiamerà Camaiola, come è giusto che sia) ‘NERO Piana’ 2017. Un rosso estremamente piacevole, profumo di geranio e spezie dolci, beva assai agile. 



Finalmente giungo al cospetto della cantina obiettivo principale dell’evento: Ar.Pe.Pe. Valtellina, perfettamente rappresentata urbi et orbi dalla globetrotter Isabella Pelizzatti Perego. Un vero piacere parlare con lei, una cortesia ed un’educazione che andrebbero insegnate a molti produttori (non faccio nomi, ma sono parecchi). I vini di Ar.Pe.Pe. sono un’elegia della Chiavennasca (l’altro nome del Nebbiolo, usato in Valtellina), partendo dal succoso e fruttato Rosso di Valtellina 2017. Poi è la volta dei Valtellina Superiore, partendo dal ‘Pettirosso’ 2016, con uve provenienti dalle due sottozone Grumello e Sassella . Si prosegue con il Grumello ‘Rocca de Piro’ 2015, con una morbidezza delicata, e il Grumello Riserva ‘Sant’Antonio’ 2013, più severo e corposo. Conclusione con lo splendido Sassella ‘Ultimi Raggi’ 2013, uno Sforzato che non può essere chiamato così per via dell’appassimento dell’uva in pianta e non sui graticci, come imposto dal disciplinare; vino morbido, speziato, assai persistente e di un corpo pieno, giammai pesante. 



Devo confessare la mia sfacciata fortuna: ho potuto condividere la degustazione di questi vini con Odilio Antoniotti, storico produttore di Bramaterra, che ha abbandonato per un momento il proprio stand per vestire i panni dell’assaggiatore. Sentir parlare Isabella Pelizzatti Perego ed Odilio Antoniotti del Nebbiolo, delle fatiche e delle soddisfazioni nel lavorarlo, delle differenze organolettiche fra i propri vini, è stato un privilegio di cui il caso mi ha indegnamente omaggiato.


A questo punto mi sono sentito in dovere di proseguire lungo la via del Nebbiolo, andando a trovare proprio Odilio Antoniotti da Casa del Bosco (BI): un Coste della Sesia 2016 elegante e bevibilissimo e un Bramaterra 2015 severo ma di gran carattere. Ah giusto, c’era anche il ‘Pramartel’, un “semplice” vino da tavola da uve Nebbiolo, Croatina, Vespolina e Uva Rara, che avrei bevuto come l’acqua di una fontanella dopo una corsa nel parco.

Concludo qui la prima parte del resoconto, ma vedete di restare sintonizzati per il secondo tempo.

Nessun commento:

Posta un commento