Cusumano – Etna Rosso DOC “Alta Mora” 2014

Alcuni luoghi possiedono un fascino innato. Luoghi estremi, dove la presenza dell’uomo non incide. Luoghi che atterriscono, che fanno paura e che, proprio per questo, attraggono. Non penso esista nessuno che, di fronte alle immagini di una colata lavica, non rimanga rapito, in contemplazione. Immagino che pensi alla potenza della natura, all’insignificanza dell’essere umano quando la terra decide di scuotersi dal torpore. Poi certo, passato l’ancestrale stupore, l’individuo medio tornerà a pensare che sia colpa degli alieni, che i terremoti siano prevedibili, che i vaccini causino l’autismo e che Elvis sia ancora vivo e vegeto e coltivi tamarindi a regime biodinamico sull’isola di St. Elena. La vita è una faccenda triste per i non romantici.
Recuperando le redini del discorso, il luogo intorno al quale stiamo trotterellando è l’Etna. La tendenza naturale sarebbe farcire lo scritto di dati noti a tutti, ma non lo farò. Dirò invece che, contrariamente a quanto la logica possa suggerire, molti sono stati gli uomini che nei secoli hanno sfidato la volontà della muntagna, piantando barbatelle su terreni neri come le ombre. Ora, se sei sulle pendici di un vulcano, tendi a pensare che non sia proprio il posto più sicuro per avviare una longeva attività. Basta che il vulcano abbia un minimo raffreddore e ti ritrovi con un campo di stuzzicadenti. E invece i viticultori siculi non hanno fatto bene, hanno fatto un gran bene. Il terreno vulcanico è meraviglioso per la viticoltura e, con i vitigni giusti, si imbottiglia un vino da ovazione. È il caso dell’Etna DOC, tipologia in incredibile ascesa ormai da una quindicina di anni. Fino agli anni 2000 la Sicilia del vino era identificabile con Nero d’Avola e, al limite, Syrah. Il povero Nero d’Avola ha seguito la parabola del Parma Calcio: un’epoca di incredibili fasti ed un declino repentino. Dall’altro lato la crescita dell’Etna DOC sembra inarrestabile, con una pletora di produttori che sgomitano per accaparrarsi ettari all’ombra del Mongibello e con la nascita di parallelismi piuttosto azzardati tra l’areale dell’Etna e la Borgogna (ma perché dobbiamo sempre cercare la somiglianza con i francesi? Non credo esista un singolo francese che abbia mai fatto un parallelismo tra l’Alsazia e le Dolomiti o il Collio Friulano. E questo perché non ce ne è alcun bisogno, diamine). 



L’Etna Rosso “Alta Mora” vede la luce sul versante nord del vulcano, con i terreni di proprietà di Cusumano siti a 500 metri s.l.m. Il vino, vendemmia 2014, 100% Nerello Mascalese, è di un rubino splendente nel bicchiere. Un profumo molto diretto, che segnala a chiare lettere la provenienza. Frutti a bacca rossa, cenere e pietra focaia, humus, nota ematica, vasta speziatura con pepe nero e cardamomo, origano, mirto e rabarbaro, la terziarizzazione è appena accennata con una scatola di sigari ed una leggerissima vaniglia. Una bella complessità, che viene rivissuta anche all’assaggio. La bocca, nonostante i 6 anni, è ancora fresca e ben sapida, con un tannino assai delicato, una persistenza molto lunga e con una chiusura che ricorda la radice di liquirizia. L’”Alta Mora” è realmente facile da bere ed è sorprendente come i 14 gradi di alcol non taglino le gambe. Ovviamente, anche se non si sentono ci sono: dominatevi!

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