Domaine du Cayron – Gigondas AOC 2014

Ce ne torniamo in Francia. Sì, Gigondas non è l’ala grande del Panathinaikos, bensì una AOC localizzata nel Rodano del sud. Offuscata a livello internazionale dal più celebre vicino, lo Châteauneuf-du-Pape, condivide con questi molti tratti in comune, come ad esempio i vitigni principali (qui domina la Grenache, con un apporto non trascurabile di Syrah, Cinsault e Mourvédre), o il suoloargilloso-calcareo ricco di scheletro, le famose galets (da noi si sarebbero chiamate “breccole”. Gli innumerevoli vantaggi delle lingue estere). Da quelle parti il clima è di tipo mediterraneo, piuttosto caldo, tuttavia il mistral fa spesso capolino a raffreddare gli animi e, già che ci si trova, a dare anche un’annaffiata. 

Come detto, in quella parte del Rodano è la Grenache a dettar legge e, complice il caldo, i vini vengono su belli possenti che “guarda quant’è bello a mamma sua, mangia tutto esso”. Per questo motivo Syrah, Cinsault e Mourvédre partecipano alla festa: donano l’acidità e il tannino necessari a far stare dritto sulla schiena questo ragazzone.

 


E il Gigondas 2014 del Domaine du Cayron lo è davvero un ragazzone, ma non di quelli pompati a steroidi. È un bel tipetto, robustino e paciocco. Potrebbe fare il centro in una squadra di media serie D italiana di basket. 

È costituito per il 78% da Grenache, il 14% da Syrah, il 6% da Cinsault e il 2% da Mourvédre, vendemmiate a mano, fermentate separatamente e assemblate in inverno. In seguito il vino matura per 12 mesi in vecchie foudres di quercia. Lo step finale è l’imbottigliamento, senza alcun filtraggio: via in bottiglia e au revoir.

Nel calice il vino è di un bel granato pieno e compatto. Il profumo è notevole: appena stappata la bottiglia le note sono tutte selvaggina e sottobosco, ma si intuisce che sotto ci sia altro materiale. Ed infatti, giusto il tempo di qualche respiro ed arrivano intense note di prugna e di frutti di bosco maturi, di pepe e noce moscata, sentori molto chiaro di miele di castagno e di paté d’olive. Chiudono leggere sfumatureu di alloro, timo, legna bruciata, tabacco dolce e cuoio. 

In bocca si nota fin dall’ingresso il corpicione di questo vino. Un vino morbido e decisamente strutturato, ma guai a ritenerlo pesante, tutt’altro. Il vino è ancora sostenuto da una cospicua dote di acidità, che fa squadra con un tannino vellutato e una giusta sapidità a equilibrare il sorso. Un leggero amarore connota la bevuta, dal sapore parecchio intenso e comunque di grande finezza. Sapore che resta in bocca a lungo, con richiami fruttati e speziati ad alternarsi girando sottobraccio “trallallero trallallà”.

Un vino notevole, potente ma con una quota di eleganza che lo ingentilisce. E bravi i francesi pure stavolta (anche se hanno la fissa di produrre bottiglie da 10 kg l’una. Ma perché non cominciate a fare delle bottiglie normali e non ‘ste mazzette da muratore?).

  

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