Adanti – Umbria Rosso IGT “Arquata” 2011

Dall’enciclopedia Treccani, ‘estasi’: genericamente, stato di isolamento e d’innalzamento mentale dell’individuo assorbito in un’idea unica o in un’emozione particolare; più propriamente, nella mistica, il rapimento dell’anima che al culmine della sua esperienza religiosa, perduta la coscienza del mondo fisico e di ogni legame corporeo, si innalza alla contemplazione del divino ed entra in immediata comunione con esso.
Ora, io mi considero una persona altamente razionale. Non che sia parco di complimenti, ma non mi lascio trasportare troppo dalle onde emotive. Il vino storicamente si presta, più di ogni altra bevanda, ad essere oggetto di racconti romanzati (fin troppo romanzati alcune volte), ma io cerco di rimanere saldo sulla mia docile razionalità, consapevole che ogni vino degustato non può essere il vino della vita.
Tuttavia esistono vini che impongono la propria personalità al degustatore di turno, che sia esperto o meno; vini che fanno percepire in modo cristallino la loro qualità, senza dover ricorrere ad effetti speciali: questi vini si mostrano con la massima eleganza e, con grande pacatezza, ti catturano la mente. Bene, al cospetto di questi vini la mia imperturbabilità va a prendersi un bel borsone, ci mette dentro un cambio e della biancheria pulita e se ne va in vacanza un paio di giorni. Sono vini che entusiasmano, di cui ogni sorso ti sembra il primo. E il più buono. Sorsi che spalancano gli occhi e sequestrano ogni singolo pensiero per lunghi istanti. Infine, dopo la deglutizione, lasciano una sensazione di grande appagamento. Di estasi, appunto.
Ascoltate, è molto semplice: l’Umbria Rosso IGT “Arquata” di Adanti è uno di questi vini. È un Grande Vino senza ‘se’ e senza ‘ma’.


È un taglio bordolese atipico, chi è stato attento sa già il perché (agli assenti consiglio un ripasso qui), creatura orgogliosa dello storico cantiniere della Cantina Adanti, il compianto Alvaro Palini. Cabernet Sauvignon e Merlot sono presenti al 40% ciascuno, con il restante 20% occupato dalla Barbera. Esatto, proprio il vitigno piemontese. Barbatelle di Barbera hanno spesso accompagnato il ritorno a casa di chi andava al nord a lavorare, e gli umbri non hanno fatto eccezione. Non ne sono sicuro, ma mi piace pensare che il buon Alvaro abbia voluto inserire la Barbera in questo blend anche per rendere omaggio alla grande storia migratoria italiana, storia che coinvolgeva direttamente anche lui (nel link precedente è tutto spiegato). Soprattutto, la Barbera dà al vino quella sferzata acida che permette a Cabernet e Merlot di concentrarsi sulla loro maturazione fenolica. 
Sì, ma come mai un taglio bordolese qui, in terra umbra? “Ho voluto fare un vino matto, come piaceva a me”, parole e musica di Alvaro Palini. La prima annata fu del 1981, i primi encomi vennero con le annate ’85 e ’88, segno che aveva avuto ancora una volta ragione lui. 
Le viti giacciono felici a circa 230 m s.l.m. su terreno argilloso-calcareo e vengono vendemmiate nel mese di ottobre, a maturazione pienissima. In cantina le uve vengono diraspapigiate e fermentano in acciaio per una ventina di giorni, con rimontaggi e délestage. L’affinamento del vino è affidato a barriques e tonneaux per 24/30 mesi. Il resto del tempo l’Arquata Rosso se lo passa in bottiglia sotto la custodia delle Cantine Adanti, in attesa di uscire da Bevagna a conquistare altri popoli.


Veniamo all’assaggio. Vino di grande consistenza, nel calice si mostra di un rosso granato pieno e piuttosto compatto. La fittezza (ho controllato, esiste come termine) e lentezza degli archetti segnala che l’alcol è presente (14,5%) e che il vino di corpo ne ha da vendere.
Avvicinando il calice al naso si avverte una vibrazione. Non esagero, la prima inspirazione del profumo di questo vino è un privilegio di cui bisogna essere consapevoli. E, se si è consapevoli di ciò, si riesce a percepire questa vibrazione, un brivido di gratificazione. Non saprei come altro definirlo, ma è calzante. Il naso dell’Arquata Rosso 2011, aperto dopo 9 anni, è una gioia. È una distesa di frutta rossa e nera perfettamente matura: amarene, fragole e more; è un sottobosco su cui cresce la lavanda; è una scatola di sigari dove è caduta della noce moscata e un po’ di vaniglia; è un vegetale estremamente soffuso e una balsamicità impetuosa; è una boccetta di china, una striscia di cuoio e una scatola di Mon Chéri. È emozionante. È ampio. Devo fermarmi, ma è solo la razionalità che mi tira per la giacca. 
Se il naso è di questo calibro le aspettative dell’assaggio decollano come il Concorde. Ebbene, queste vengono ampiamente rispettate, se non superate. La bocca dell’Arquata Rosso è ampia, piena e corposa. Suscita sorpresa la notevole freschezza che i 9 anni di età hanno solo in minima parte ridotto. Una freschezza perfettamente in equilibrio con la grande morbidezza del sorso, con un tannino a guisa di seta, che delicatamente accarezza la bocca. Il sapore di questa meraviglia è intenso ed elegantissimo, con notevole persistenza che chiude su ricordi di mora di rovo e cioccolato fondente. 

“La Storia Siamo Noi” di De Gregori, “La nave negriera” di William Turner, LeBron James che stoppa Andre Iguodala in gara 7 delle finali NBA del 2016. Una canzone, un quadro, un’azione di basket in grado di attrarre ed emozionare anche un non esperto, anche un non appassionato. 
Esattamente come l’Arquata Rosso di Adanti. Un vino emozionante. 
Un Grande Vino.



Nessun commento:

Posta un commento