Pianogrillo – Cerasuolo di Vittoria DOCG “Curva Minore” 2018

Ricordo che qualche anno fa, agli albori della mia ‘conversione’ enologica, il Nero d’Avola veniva distribuito a secchi, esponente di quella generazione di vini tutto frutto che ha dominato il gusto degli anni ‘90/2000. Anni in cui l’Etna era ancora solo il vulcano attivo più alto d’Europa.
Oggi è cambiato tutto: l’Etna, con la sua DOC (ancora senza la G, ma è questione di tempo) è il simbolo della Sicilia del vino, anche troppo. E quando una denominazione ha successo tutti ne vogliono una fetta, con esiti rischiosi per la qualità del vino. Viceversa il Nero d’Avola ormai non viene più considerato nemmeno per farci la ‘sangria’ (leggasi ‘pesche e altra frutta buttate a pezzetti in una brocca di vino’).
Con tutti questi complessi pensieri orbitanti nel teschio, montava la voglia di assaggiare un Nero d’Avola attuale e di qualità. La scelta è ricaduta sul Cerasuolo di Vittoria DOCG “Curva Minore” dei Baroni di Pianogrillo. Il Cerasuolo di Vittoria è l’unica DOCG siciliana (per adesso; l’Etna scalpita) e prevede un uvaggio di Nero d’Avola coadiuvato dal Frappato. Nel caso di questa 2018 le percentuali sono 70% Nero d’Avola e 30% Frappato. 
Il nome del vino dichiara di essere un “hommage a Salvatore Quasimodo”, “Curva Minore” è infatti una delle sue poesie. Sfortunatamente non sarei in grado di scriverne oltre le nozioni scolastiche, né della poesia, tantomeno del poeta. Un peccato, sarebbe stata una trovata assai funzionante accostare vino e poesia. Ahimè, io non parlo di cose che non conosco (cit.).


Nel calice si manifesta una sorpresa rispetto alle mie aspettative. Vi ricordate quando scrissi del Primitivo di Marco Ludovico, dall’inaspettato colore rosso rubino e, soprattutto, praticamente trasparente? Ecco, qui la situazione si replica. I vini a base Nero d’Avola che ho bevuto avevano sempre colorazione più purpurea che carminio e una solida compattezza. Il “Curva Minore” è di un rosso rubino nitido e decisamente trasparente, senza per questo andare ad intaccare la consistenza del liquido.
Il naso ha una dominante assoluta: frutta. È qui che Nero d’Avola e Frappato (uva il cui nome già fa intuire di quali sfumature odorose si caratterizzi) scoprono le carte. La frutta è matura, a polpa rossa e viola: melograno, fragole, ciliegie, prugne, bacche di sambuco, di mirto e di ginepro. Come sfondo a questa macedonia c’è un contorno di intensa balsamicità di macchia mediterranea, di terra, di cenere e ruggine, cacao amaro e liquirizia dolce. Un naso assai interessante, che ci guadagna con il calare della temperatura. Questo fattore influisce positivamente anche al gusto, poiché la bocca è fresca e sapida con tannino nullo e moderata morbidezza, con intensità e persistenza assai rispettabili. La sensazione fruttata è coerente con le sfumature odorose percepite, accompagnata da un finale di bocca che oscilla tra lieve amarore e considerevole sapidità. Avendolo provato a diverse temperature, il mio futile consiglio è di servirlo a 12 °C. Vino da tenere presente per questa estate, che trovare un rosso godibile sotto la canicola è sempre un’impresa.

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