Korsič – Collio DOC Friulano 2018

Ci sono parole che si legano a doppio filo a un concetto, un nome, un oggetto. Inconsciamente ed immediatamente. Esempi? Stanlio… bam, Ollio! Cacio… bam, Pepe.
Collio… bam, ponca.
Provate a nominare il Collio e, persino dagli anfratti più reconditi, potrá uscire fuori un enofilo a tessere commosso le lodi di quel meraviglioso terreno: una stratificazione fitta ed irregolare di marne alternate a dura arenaria ricca di calcio, un suolo divino per lo sviluppo della vite. E, laddove il terreno è così caratterizzante, regnano sovrane le uve bianche, uve in grado di restituire nel calice le peculiarità del terroir. 
Il Friulano è una di queste, una meravigliosa uva bianca diffusa in Friuli e in Veneto. Friulano è il nome che per legge è obbligata a portare dal 2007; fino ad allora era nota con il nome di Tocai. 
Successe che un bel giorno gli ungheresi si lamentarono con l’Unione Europea per il nome di questo vitigno, troppo simile al loro vino di punta (oltre che l’unico degno; cruelty mode: ON), il Tokaji. Ok, il nome è foneticamente identico, ma uno è un vitigno italiano, vinificato solitamente in secco. L’altro invece è un celebre vino dolce ungherese, ottenuto da tre diversi vitigni (Furmint, Hárslevelü e Sárgamuskotály; se le ripetete tre volte allo specchio appare Alessandro Manzoni in infradito, bermuda e una maglietta del Banco del Mutuo Soccorso). Le differenze dunque ci sono, ma l’UE decise che la nostra uva avrebbe dovuto cambiar nome, punto e basta. E noi non ci siamo mai ribellati abbastanza, più che per difenderne il nome proprio per principio. Anche perché di argomenti ne avremmo avuti.
Cito giusto il più importante: nel 1632 la friulana Aurora Formentini sposa l’ungherese Adam Batthyany e porta in dote in Ungheria dal Friuli “300 vitti di Toccai”. 
Volevamo essere cattivi? Il nome Tocai in Friuli si usa comunemente da più di 4 secoli, per cui divieto respinto al mittente e anche scusarsi per l’incomodo.
Volevamo essere veramente malvagi? Ma non è che, niente niente, avremmo noi dovuto far cambiare nome al Tokaji? Come si chiama l’uva principale del Tokaji? Furmint. E come si chiama la nobildonna friulana? Formentini. Non potrebbero gli ungheresi aver ribattezzato Furmint l’uva Tocai, in onore della donna che lo introdusse in Ungheria, e Tokaji il vino, a ricordare il nome originale dell’uva? Vorrei vederli, gli ungheresi, a cercare tra i termini magiari un altro nome per il Tokaji che sia globalmente appetibile (o anche solo scrivibile). 
Tuttavia la storia è andata diversamente e, oltretutto, la mia teoria, ancorché affascinante in sede di dibattimento processuale (me la immagino declamata in aula da Perry Mason), non avrebbe portato al risultato sperato, in quanto le analisi di DNA sul Furmint non mostrano parentele con alcuna uva italiana. Pazienza, a noi resta comunque un’uva eccellente, che poteva anche chiamarsi “Cicciopallottolo striato”; con le radici immerse nella ponca avrebbe sempre dato vini magnifici, come il Friulano 2018 di Korsič.



Il Friulano di Korsič dimora a San Floriano del Collio, a 500 m dal confine Sloveno. Raccolta a fine settembre, l’uva viene pressata in modo soffice e il mosto risultante viene chiarificato per decantazione. La fermentazione avviene in acciaio, poi riposo sur lie fino a febbraio, imbottigliamento a marzo e fuga dalla casa paterna a maggio. 
Nel calice il vino rispetta le aspettative, irradiando un bel giallo paglierino pieno. 
Il naso è quello che ti aspetti da un Friulano: fiori, principalmente fiori, fiori a perdita d’occhio. Mughetto, gelsomino, sambuco, tiglio. La mineralità sullo sfondo è sostanziale e ‘bianca’, calcarea. Si apprezzano ulteriori note di mela, di susina gialla, cenni vegetali di fieno, mandorla e una leggera fragranza di lievito. Un naso certamente fine, intenso e ben equilibrato. 
Il vino è intenso anche al gusto e la caratteristica principale è una: la sapidità. C’è freschezza, c’è una certa morbidezza, una bella persistenza e anche il tipico finale ammandorlato; tutte queste componenti sono però presentate al pubblico da una costante componente sapida, il prezioso regalo della ponca del Collio. 

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