Lo scandalo del vino al metanolo – parte II

 

Prima parte


Narzole (CN) nel 1986 contava 3000 abitanti e 120 aziende vinicole. Un parallelo: oggi Montalcino di abitanti ne ha 5000 e le aziende iscritte al consorzio del Brunello sono 201. Insomma, numeri molto alti per un comune che sì confina con Barolo, ma che non rientra nell’areale della prestigiosa DOCG e che rivendica anche pochi ettari vitati. Non importa, a Narzole il vino veniva commerciato, fatto per essere venduto a terzi. E secondo una vecchia usanza, figlia se si vuole della fame, delle sofferenze contadine, ma anche di scarsa lungimiranza, veniva fatto con tutti gli acini disponibili in vigna. Rese da Guinnes dei Primati che portavano a vini di scarsa qualità e basso tenore alcolico, tanto da rischiare di mancare l’appellativo stesso di ‘vino’.


Fonte: welcomelangheroero.com


30 anni fa il riscaldamento globale non aveva ancora effetti evidenti come ai nostri giorni: oggi è raro che un vino non raggiunga l’11% di alcol. All’epoca poteva invece capitare che un’uva coltivata (male) e vendemmiata (peggio) conducesse ad un vino che faticava ad arrivare al 10% in alcol necessario per poter essere commercializzato con il nome di ‘vino’. Chi avrebbe mai comprato un vino così povero di alcol, debole, smunto? Ci voleva un tocco dell’artista, un “Pimp my Wine”; tocco che ad ogni modo sarebbe rientrato sotto gli articoletti del Codice penale relativi alle frodi e alle sofisticazioni.

 

Si sarebbe potuto aggiungere al mosto il comune zucchero, azione sì illegale in Italia ma consentita ancora oggi in Germania e in Francia (chaptalisation è il termine per questa pratica); azione soprattutto innocua dal punto di vista della salute, poiché lo zucchero sarebbe diventato null’altro che alcol etilico. Il problema dello zuccherò è che ha un certo costo, non facilmente ammortizzabile da chi avesse voluto produrre vini da due lire. Andavano esplorate altre strade. 

 

Sfortunatamente alcuni produttori, ignoranti a livello di metabolismo umano, considerarono vantaggiosa la strada del metanolo. Il metanolo nel vino è indistinguibile dal fratello maggiore, l’etanolo: è inodore ed incolore, non altera il sapore del vino, ne aumenta il grado alcolico e si può individuare solo attraverso una gascromatografia (non di uso routinario nel 1986). Ad involontario coronamento del tutto aggiungiamoci la legge 408 del 28 luglio 1984, a seguito della quale la detassazione del metanolo portò il costo da 5000 lire a 500 lire al litro. Ecco l’affare criminale: aggiungere metanolo al vino per pomparne il grado alcolico. Come dite? La salute dei consumatori? Paesaggio.

 

Fonte: intravino.com

Giovanni (pardon, il cavalier Giovanni) e Daniele Ciravegna, padre e figlio, fecero così nella loro prestigiosa cantina in quel di Narzole: aggiunsero al vino litri e litri di metanolo puro, per poi venderlo ad aziende imbottigliatrici come la Vincenzo Odore. E sì che i due signori erano già noti per i loro magheggi: 500 milioni di multa per zuccheraggio comminata dal tribunale di Alba già prima del 1986, condanna poi revocata in appello; in quei giorni il coordinatore del servizio repressione frodi di Torino parla anche di una vasca sigillata già da due anni nella cantina dei Ciravegna; ma anche solo il fatto che il signor Giovanni fosse soprannominato in paese “dudes e mes”, dodici e mezzo, era indicativo: il riferimento era alla gradazione alcolica sempre raggiunta dai suoi vini, più frutto di Ciravegna padre che di madre natura. 

 

Nelle vasche dei Ciravegna vennero trovati 9ˈ000 ettolitri di vino avvelenato, non ancora piazzato sul mercato. 

9ˈ000 ettolitri. 

900ˈ000 litri. 

1ˈ200ˈ000 bottiglie da 0.75 l. 

Per dare un’idea dell’ulteriore danno scampato. 

I due ribaldi imprenditori furono arrestati e condannati nei tre gradi di giudizio, pena definitiva rispettivamente di 14 e 11 anni, più un sostanzioso risarcimento alle famiglie delle persone uccise o permanentemente lesionate che, come era prevedibile (ed ingiusto), non videro mai un centesimo. 

Il cavalier dudes e mes, dopo essere uscito dal carcere tornò nella sua Narzole e continuò a definirsi innocente fino al 2013, anno della sua dipartita (“Sofisticatore sì, assassino no […] Mica sono pazzo ad avvelenare i miei clienti”. No, pazzo no. C’è un’altra parola. Comincia per ‘s’), il figlio vende macchine agricole da un’altra parte. 

 

La storia sarebbe finita qui, ma il terremoto generato è stato intenso. L’onda d’urto si è propagata per tutti gli anni successivi, con una serie di spunti di riflessione che credo siano ancora piuttosto attuali. Ma ne parleremo la prossima volta.  

 

[continua]

 

P.S.: un doveroso ringraziamento va agli autori delle fonti dalle quali ho attinto:

https://www.intravino.com/grande-notizia/narzole-io-ci-passavo-30-anni-fa-lo-scandalo-del-metanolo/

https://it.wikipedia.org/wiki/Scandalo_del_vino_al_metanolo_in_Italia

https://www.unionemonregalese.it/2021/03/18/35-anni-fa-lo-scandalo-del-vino-al-metanolo/

https://www.lastampa.it/blogs/2010/11/16/news/il-silenzi-e-le-preghiere-br-del-cavaliere-metanolo-1.37194955

 

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