Boland Cellar – WO Coastal Region Shiraz “Five Climates” 2015


Lo so, lo so, ho un po’ trascurato il blog, avete pienamente ragione. È che serve la giusta ispirazione per scrivere qui, altrimenti per le brevi note di degustazione c’è Instagram (se non mi followatefollowatemi ora, brutti lazzaroni). E l’ispirazione non è che te la vai a cercare con il lanternino; deve cascarti addosso, quasi casualmente, con la minima variabile di essere almeno predisposti all’epifania.

Per questa bottiglia ha giocato il caso: non era previsto che entrassi in enoteca quel giorno, e oltretutto stavo curiosando su altri vini. Poi abbasso lo sguardo, “Shiraz sudafricano… e proviamolo”.

In Sudafrica non si sono messi a fare vino 2 settimane fa: i primi viticoltori furono di origine olandese e impiantarono le prime vigne attorno al 1650, in quelle che poi sarebbero diventate le storiche denominazioni (Wine of Origin, WO, l’equivalente delle nostre DOC) di Constantia e Stellenbosch. Purtroppo la grande idea del vino non riscosse molto successo nell’immediato; d’altra parte cosa aspettarsi da gente che ha la brillante idea di mettere la marmellata sulla pasta? Ci vollero i francesi per evitare una finaccia alla viticoltura sudafricana. E sì che i francesi nemmeno si sarebbero sparati di loro sponte 15000 km in nave alla fine del XVII secolo. Ma un motivo c’era: 1685, il Re Sole Luigi XIV promulga l’Editto di Fontainebleau, in cui si dichiara illegale il protestantesimo in Francia (che cara persona, il parruccone). Con l’alternativa di rimanere in Francia ed essere convertiti o in cattolici o in concime, alcuni ugonotti, protestanti perseguitati in patria, impacchettarono quello che c’era da impacchettare e mollarono gli ormeggi alla volta del Capo di Buona Speranza. Tra le cose caricate in nave c’erano anche tante belle barbatelle. Perché ok andare via dalla Francia ma il vino andava fatto, ovunque fosse stato. Dopo lunghe settimane approdarono a Città del Capo, guardarono le vigne in degrado degli olandesi e gli dissero “ma che è ‘sta roba? Spostatevi va, che ci pensiamo noi”.

Il vino Sudafricano conobbe poi alterne fortune fino ad arrivare ai giorni nostri, dove il Sudafrica è riconosciuto come una zona vitivinicola ad altissimo potenziale.

 


Uno dei vitigni che eccelle a quelle latitudini è lo shiraz (syrah per gli europei. Vai a capire perché mai sudafricani ed australiani gli abbiano dovuto cambiare nome. Mah…). Ovviamente non incontra le condizioni per rodaneggiare, si esprime su note diverse, ma mantiene comunque un fascino e personalità.

Lo Shiraz di Boland Cellar è uno Shiraz sudafricano entry level. La vendemmia viene effettuata in cinque diversi climates, come abbastanza pomposamente proclama l’etichetta, con una francofilia forse fuori luogo (d’altra parte l’etichetta è la loro e ci fanno quello che vogliono). Affinamento per un annetto parte in botte nuova e parte in botte usata. Tappo stelvin, per mia grande soddisfazione.

Nel calice il vino si presenta (“piacere”) di un luminoso ed impenetrabile rosso rubino, il violaceo dello Shiraz è ormai impercettibile.

Al naso salgono piacevoli aromi di frutti di bosco maturi, il protagonista pepe nero, cardamomo, mirto, un nonnulla di violetta, cacao e caffè.

Beva molto agile, il sorso è di gusto intenso e di medio corpo, fresco e tannico, con una buona sapidità e con un gran bell’allungo, che conduce ad un lungo finale di bocca chiuso su sensazioni di pepe e spezie.

  

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