François Chidaine – Vin de France “Le Chenin d’Ailleurs” 2017

Ogni vitigno ha il proprio tratto distintivo. Quello dello Chenin Blanc è la freschezza. La quota di acidi fissi presente nello Chenin Blanc lo rende paragonabile ad un'altra uva piuttosto pungente, il Riesling. Uva cui, c'è da dire, lo Chenin paga qualcosina in termini di aromaticità e di complessità globale. Ma non tutti possono essere dei fuoriclasse, e neanche c’è nulla di male ad essere un role player. Nell'ottica di una bevuta all'insegna della freschezza, infatti, lo Chenin Blanc è non solo indicato, ma fortemente consigliato.

Zona di elezione dello Chenin Blanc è la valle della Loira, dove i viticoltori lo fanno cantare e gli fanno portare la croce; voglio dire che, date le sue caratteristiche, in Loira viene vinificato in ogni modo possibile: dallo spumante al vino secco, passando per l'amabile e concludendo con il passito dolce, meglio ancora se la botrytis fosse andata a dargli una carezza. C'è un altro posto del mondo dove lo Chenin Blanc ormai fa gli onori di casa, anche se non agli stessi livelli della Loira: il Sudafrica, dove viene chiamato Steen e dove fu portato dagli ugonotti francesi quando si videro esibire dal Re Sole il rosso diretto.

Ma torniamo in Francia, patria della bottiglia che ho aperto. La bottiglia in questione, insieme ad altre, credo, migliaia di sue consorelle, è opera di François Chidaine. Chidaine è uno zen master dello Chenin Blanc. Dal 1989, anno del suo esordio tra i filari di vite, ha cominciato ad acquisire terreni presso la Loira e a lavorare in tutte le maniere quest’uva. Oggi viticoglie (neologismo mio. Ho il copyright) e vinifica seguendo i precetti della biodinamica le sue decine di ettari vitati a Chenin Blanc, più altri ettari di diverse cultivar di cui non ci occuperemo quest’oggi, e direi neanche entro la prossima settimana.

 


Lo “Chenin d’Ailleurs” 2017 è etichettato come Vin de France, quindi diciamo che ci fidiamo sia della Loira. La scheda tecnica del vino poi non mi rincuora: essa afferma che le uve provengono da tre diversi terroir: oceanico, mediterraneo e montagnoso (de la Haute Vallée). Ora, sull’oceanico e sull’alta valle della Loira ci sto tranquillamente; sul mediterraneo, diciamo che non mi faccio persuaso. Più lontano dal clima mediterraneo della valle della Loira credo ci sia solo il Vallo di Adriano. Ma dato che lo Chidaine mi conosce la zona e mi ci lavora, mentre io avrei solo aperto una sua bottiglia, ho il tacito obbligo di dare ragione a lui.

Le uve, raccolte in questi tre diversi terroir, sono state pressate sul posto; quindi i mosti sono stati refrigerati e spediti entro 24 ore alla cantina di Chidaine a Montlouis-sur-Loire per l’assemblaggio e la fermentazione, ovviamente spontanea, avvenuta in botti dette demi-muids da 600 litri. Il vino è successivamente andato in contro ad un affinamento sulle fecce fini per 11 mesi prima della messa in commercio e del seguente arrivo, via Perugia, a casa Fiordiponti.

Stappato e versato nel calice, lo “Chenin d’Ailleurs” si mostra di un giallo paglierino carico, con una sorta di riflesso rosa quando viene versato. Lo ho versato spesso e sotto diverse luci, naturali ed artificiali: confermo la presenza del riflesso rosa.

Naso intenso, che alterna note minerali, floreali e fruttate: si va dalle pietre bagnate a fiori bianchi e delicati, come acacia o biancospino, a frutta a pasta bianca croccante, pera e pesca bianca principalmente, accompagnate da un deciso sentore di limone. Importante è la nota di crosta di pane, segno che il riposo sur lie ha lasciato piacevoli strascichi.

La bocca è prevedibilmente molto fresca, intensa e con una buona sapidità. Ovviamente la bilancia è spostata sulle componenti dure del sorso, ma non si può definire affatto fuori equilibrio. È uno Chenin Blanc, dobbiamo settarci sul suo sistema gravitazionale. Il fatto che abbia grande bevibilità, unita a intensità gustativa e notevole persistenza, indica che il vino un equilibrio lo possiede e tutto fa supporre che saprà anche mantenerlo nel corso del tempo. 

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