Gruss – Vin d’Alsace Gewurztraminer AOC “Les Roches” 2018

L’Alsazia, per molte persone non eno-malate, vuol dire una cosa sola. Anzi, forse due. La seconda sono i bastoncini fragranti ricoperti di granelli di sale; quelli che all’aperitivo, confusi tra centinaia di altri stuzzichini, nessuno vede ma tutti mangiano. Sono sempre i primi a finire, come le crudità di mare ai buffet, ci si può scommettere la via di casa.

La prima cosa per cui l’Alsazia è nota universalmente è una frase, quasi un concetto: “l’Alsazia e la Lorena sono contese per oltre un secolo da Francia e Germania”. Una frase che, se detta con la giusta baldanza, garantiva un 6 sicuro all’interrogazione di storia alle scuole medie. Sono pressoché certo che però pochi sappiano individuare sulla cartina dove si trovino queste due regioni (in tedesco: Elsaß-Lothringen; in francese: Alsace-Lorraine). Prima del corso sommelier io era tra color che non le avrebbero trovate nemmeno col ditino sulla mappa. Poi arrivò una delle due lezioni sulla Francia, e con essa l’Alsazia, accompagnata da alcune nozioni che spiegano perché lì non solo si faccia del vino, ma si faccia del gran vino.

 

L’AOC Alsace è una striscia di terreni vitati perlopiù collinari, che si estende da nord-est a sud-ovest, nella porzione più orientale della Francia, stretta tra la piana del Reno ad est e la catena dei Vosgi ad ovest. Sono questi ultimi che i viticoltori alsaziani devono ringraziare: i Vosgi proteggono le viti dal tremendo vento freddo proveniente dall’entroterra francese e dalle abbondanti piogge. Ciò fa sì che il clima di questa regione sia continentale secco, con una temperatura media di 1 o 2 °C superiore rispetto alle altre zone a parità di latitudine. Il terreno alsaziano è inoltre incredibilmente vario: si va da suoli di origine sedimentaria verso fondo valle (calcare, marne) a zone caratterizzate da rocce plutoniche e metamorfiche (granito, scisti, gneiss) risalendo lungo i pendii dei Vosgi. Insomma, ci sono tutte le basi per fare della viticoltura di qualità, come in effetti avviene.

Uve simbolo dell’Alsazia sono Riesling, Pinot Gris, Muscat e Gewurztraminer, uve bianche con un importante profilo aromatico, una caratteristica più associabile alla viticoltura teutonica che a quella francese. La bottiglia aperta e gioiosamente sorseggiata è proprio il Gewurztraminer (senza la ü, nonostante la parola sia completamente tedesca. Ah, i francesi…) “Les Roches” 2018 di Gruss.

 



Il Domaine Joseph Gruss ha sede a Eguisheim, uno splendido borgo collinare poco distante da Colmar. Il suolo di Eguisheim è Munschelkalk, che dal tedesco può essere grezzamente tradotto come ‘calcare con presenza di conchiglie’: è un duro terreno calcareo di origine sedimentaria, dove la vite cresce deliziosamente.

Il Gewurztraminer di Gruss viene vinificato in acciaio a temperatura controllata e affina sur lie per circa 4 mesi prima di essere filtrato ed imbottigliato nelle tipiche bottiglie alsaziane. Questa 2018, levato il sughero, cade solida nel calice, mostrandosi di un giallo paglierino chiaro. 

Il naso è intenso, con le tipiche note del Gewurztraminer dipanate in tutto il loro didattico splendore: litchi, acqua di rose e frutta esotica, alle quali si aggiungono cedro candito, biscotto al miele, mandorla fresca e cera d’api. 

L’ingresso in bocca è chiaramente abboccato, costeggiando quasi la dolcezza. Il sospetto viene già versandolo nel calice o roteando quest’ultimo: si nota molto bene la consistenza importante del liquido. Immediatamente però, oltre alla dolcezza, si avverte anche un chiaro sentore amaricante, dovuto alla pletora di terpeni lautamente elargiti dall’uva in questione (ho usato un lessico da avvocato; perché mai?). Ulteriore dominante orale è la morbidezza, altro indice del residuo zuccherino, di buon livello è la sapidità, mentre appare molto attenuata la freschezza. Il gusto è molto intenso e con un finale di bocca lunghissimo e piacevole.

Rileggo quello che ho scritto: il vino potrebbe apparire stucchevole, molle, in verità non lo è affatto. La freschezza è sì in secondo piano, ma c’è e contribuisce a dargli una buona beva.

Se ve ne accaparraste una bottiglia, tenete conto delle caratteristiche ‘estreme’: tanto naso, tanta intensità, dolcezza evidente e freschezza moderata. L’abbinamento con i piatti della nostra cucina è quantomai ostico, richiede piatti dai sapori altrettanto ‘estremi’. Per abbinarlo con successo il mio consiglio è di dirigervi a oriente, a Mumbai magari: con i piatti della cucina indiana si può realizzare l’abbinamento perfetto. Altrimenti bevetevelo assoluto e tante care cose! 

Nessun commento:

Posta un commento