La Casa dei Cini – Umbria Rosso IGT “Borgonovo” 2013

Io sono curioso di tutto. Sono anche scettico, tuttavia non chiudo la porta allo stupore. Questo preambolo perché? Per introdurre il mio personaggio nello scenario del “VAN Vignaioli Artigiani Naturali”, lo scorso 9 novembre a Roma. È in quel contesto che faccio la conoscenza di Clelia Cini, titolare assieme al fratello Riccardo dell’azienda di famiglia “La Casa dei Cini”. Casa loro è a Pietrafitta, 10 km a sud del Lago Trasimeno, sui terreni a connotazione argilloso-arenacea della Valle del Nestore. Clelia e Riccardo, laureati rispettivamente in Scienze Agrarie ed Ambientali e in Viticoltura ed Enologia all’Università degli Studi di Perugia, nel 2005 rilevano l’azienda di famiglia. Forti già delle conoscenze tramandate, i due fratelli si concentrano sulla modernizzazione degli impianti, aumentandone l’efficienza, ed impostando la loro attività su criteri di sostenibilità ambientale, forgiandosi alfine della certificazione biologica sia per l’oliveto che per il vigneto. Tutto questo giusto per dare una brevissima infarinatura sulla Casa dei Cini. 
Torniamo a Roma, torniamo al VAN: intercetto e punto il banchetto della Casa dei Cini. Non li conosco, ma a casa ho studiato: so che sono umbri (caratteristica già di per sé attraente) e che il loro bianco “Filara” è un blend di Grechetto e Manzoni bianco, vitigno quest’ultimo che mi interessa conoscere. Il loro banchetto è posto in posizione angolata; non una bella posizione in una sala piena di gente che si muove al rallentatore, tutta assorta a cercare il pepe di Sichuan in ogni singolo liquido versato nel calice, fosse anche l’acqua per il risciacquo. Sgomitando nella tonnara, mi avvicino, faccio la conoscenza di Clelia e chiedo finalmente di poter assaggiare il Manzoni Bianco. Semaforo rosso: in degustazione ci sono solo i tre rossi. Provo mestizia ma, consapevole che una sconfitta è un’opportunità di crescita, accetto l’invito di Clelia ad assaggiare la truppa esposta, chiedendole di parlarmi di loro. Clelia è vulcanica, è energica, è magnetica. Mi parla delle vigne, dell’oliveto, del nonno Bonaventura, di babbo Aristide e di mamma Adriana, che prima di lei e Riccardo se ne presero cura. Ha occhi determinati e parla con chiunque si presenti al suo banco, il che non è affatto scontato. Nello stesso giorno in cui ho visto servire vino con gli occhi fissi sul cellulare ed ho dovuto estorcere informazioni top secret a qualche vignaiolo, come “che uvaggio è questo vino?” o “da dove venite?”, incontrare vignaioli come Clelia dà un senso alle spallate date e prese (si nota molto la mia velata critica alla spaziatura dell’evento?). Ammiro molto persone come Clelia e Riccardo. Sarà perché avranno suppergiù la mia età, gestiscono un’azienda vinicola, lavorano nella natura ed hanno tanto entusiasmo; io invece ho appena fatto il test per sapere quale uva sono. 
Senza divagare ulteriormente (ma tanto voi pochi sventurati che leggete sapete che qui ”si sta come / d’autunno / sulle montagne russe / i barattoli di ceci”), dei tre vini rossi della Casa dei Cini assaggiati, tutti uvaggi inconsueti, interessanti e di una bevibilità impressionante, ho deciso di portare a casa con me il “Borgonovo” 2013. Giusto un mese di tempo per fargli conoscere casa ed eccolo sacrificato in nome della conoscenza. Ed è stato un bel conoscersi.


Il “Borgonovo” 2013 è 85% Cabernet Sauvignon, 7,5% Ciliegiolo e 7,5% Sangiovese. Sì ma non è il Cabernet che ti aspetti da una manifestazione di vini naturali. Il colore sì, ci sta, rubino con unghia granata bello carico e compatto, stante anche l’assenza di filtrazione del vino. Ma il profumo no, quello non rimanda subito ad un Cabernet Sauvignon. È intenso, è equilibrato ed è fine, sa di humus e di spezie, quali pepe nero, cannella e liquirizia. Uno poi si aspetterebbe il classico peperone verde, e invece il vino è fatto assai bene: la quota vegetale è molto contenuta e preceduta da un’intensa ciliegia matura (danke dir, Ciliegiolo), prugna, mora, una violetta appassita ed una grande balsamicità. Chiudono la sfilata odorosa note terziarie di cuoio, legno e cacao. Bocca equilibrata, giustamente tannica e fresca, agile, persistente e con chiusura di cioccolato fondente. Un gran bel vino, sorprendente e invitante. Menzione d’onore per le bellissime etichette disegnate da Sualzo e per la targhetta di presentazione che accompagna la bottiglia. Clelia e Riccardo Cini, bravi ancora una volta.



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