Degustazione Nals Margreid, Hotel Rome Cavalieri, Roma (07/10/2019)


Peccato delittuoso è mancare a una degustazione di vini altoatesini. La nomea dei sudtirolesi è nota: gente quadrata, seria, ordinata, che lavora duro e bene. Il quadro che ne esce li vede dipinti come dei freddi robot che non lasciano spazio alle emozioni. Sbagliato, e posso dirlo con cognizione di causa, avendo passato lì un terzo delle mie estati. Gli altoatesini sono gente di cuore, di tecnica, di fatica e di misura. Vi aspettate estroversione? Avete puntato sul cavallo sbagliato. Riporre fiducia in loro è altresì un investimento sicuro. Una testimonianza di ciò, smettendola finalmente con la sociologia spicciola, è proprio il vino. L’Alto Adige esprime una costanza qualitativa da standing ovation, chiunque vinifichi lo fa come Dio comanda. La loro testa gli permette di portare a livelli di eccellenza un modello che nel resto d’Italia è spesso visto in negativo per la qualità del vino: la cantina sociale. In Alto Adige chi conferisce le uve a queste cantine è stimolato a dare loro la migliore uva possibile. Certamente il tornaconto economico ha importanza (in generale l’uva non viene pagata sulla base della quantità ma della qualità, °Babo, ecc.), ma fa gioco anche la soddisfazione di aver lavorato bene e di aver realizzato vini magnifici.
I 138 conferitori che lavorano con la Cantina Nals Margreid sono dislocati su 160 ettari di terreni lungo la direttrice che, seguendo il corso dell’Adige, da Nals/Nalles, proprio sotto le Dolomiti, va fino a Margreid/Magrè, 40 km più a sud. Di ogni singola zona è stata selezionata l’uva ritenuta migliore, quella che avrebbe trasferito meglio di altre il terroir nel bicchiere. Questo grazie all’eccezionale variabilità geologica che caratterizza l’intera area, con terreni morenici e ciottolosi, quarzo, dolomie, tufo, porfido. Come dite? Vi aspettate una decisa mineralità? Ma che idee bislacche vi vengono in mente.
L’azienda e i vini in degustazione sono stati presentati dal direttore commerciale della cantina, Gottfried Pollinger, e gli onori di casa sono stati fatti da Giovanni Lai, sommelier della Fondazione Italiana Sommelier e, a tempo perso, direttore commerciale Italia per Biondi Santi. Di seguito i vini in degustazione, tutti Alto Adige DOC:
1. Alto Adige Pinot Grigio “Punggl” 2018, vigneti in zona Margreid/Magrè. Segno particolare: una mineralità imperante. Mineralità nera, di pietra focaia, che caratterizza un vino dal naso comunque complesso e molto intenso, con sentori di frutta tropicale (mango, papaya e leggero litchi), una balsamicità mentolata e sentori di lievito. Lunga persistenza in bocca, vino più sapido che fresco. Nota a margine: alla fine della degustazione ho rimesso il naso nel calice: dopo un’ora e mezza il profumo era, incredibilmente, ancora tutto lì. Affinamento in botte grande da 50 hl.
2. Alto Adige Pinot Bianco “Sirmian” 2017, 5 Grappoli Bibenda 2019. Rispetto al “Punggl” questo Pinot Bianco è un po’ più timidino olfattivamente parlando. Le note primarie sono di frutta a polpa gialla, di pesca ed ananas soprattutto, poi emergono note di ginestra, di lime, di gesso e una punta di coriandolo. In bocca invece è un po’ più incisivo, dal punto di vista del sapore, rispetto al naso, con un lungo e gradevole ritorno retrolfattivo fruttato. Freschezza e sapidità sono splendidamente in equilibrio con la morbidezza. Anche qui affinamento in botte grande da 50 hl.
3. Alto Adige Chardonnay “Magred” 2018, vigneti che condividono la via di casa con il Pinot Grigio. Naso principalmente minerale, di pietra focaia, che si apre su frutta croccante, pera e pompelmo; sullo sfondo note leggere ma costanti tipiche dello Chardonnay, di nocciola tostata e burro fuso. Bocca gentile, freschezza e sapidità sono mitigate ed in equilibrio fra loro, molto persistente, con un ritorno ‘dolcino’ (non è perfetto come termine, ma è calzante). Botte grande anche per lui.
4. Alto Adige Sauvignon “Stein” 2018, vigneti in zona Nals/Nalles, terreni a 1000 m di altitudine e terreno composto da porfido e calcare. Il naso è molto intenso e ‘didattico’ per un Sauvignon Blanc, con i classici foglia di pomodoro (per i florovivaisti, bosso; per i meno ligi all’etichetta, pipì di gatto), mango, papaya e frutto della passione. Si aggiungono la solita mineralità ed una nota mentolata. La bocca ha un incipit potente, che tuttavia si affievolisce con rapidità (di sicuro rispetto ai tre precedenti) lasciando una nota ammandorlata nel finale e grande sapidità. Acciaio.
5. Alto Adige Gewürztraminer “Leiten” 2018, vigneti nella zona di Tramin/Termeno, più tipico di così. Il naso è molto elegante e, come prevedibile, ricco. Acqua di rose come se piovesse e litchi dominano inizialmente. Sullo sfondo si percepiscono note cenni di grafite, timo e buccia di limone. La bocca è molto intensa, sapida e con un ritorno retrolfattivo che rimanda pienamente al bouquet. Acciaio.
6. Alto Adige Lagrein Rosé 2018, vigneti nella zona di Gries, zona storica per questo vitigno. Di un bel rosa ramato, il naso è minerale e fruttato di fragoline e frutti di bosco, con cenni di humus e cardamomo. In bocca è fresco, sapido, equilibrato e con un finale di liquirizia.
7. Alto Adige Schiava “Galea” 2018, vigneti in zona St. Magdalena. Di un bellissimo e cristallino color rosso rubino nel calice, regala profumi splendidi e freschi, di frutti di bosco e legna e cenere bagnate, di violetta, di sandalo e delicatamente speziato. La bocca è molto speziata e di grande persistenza, con un tannino presente ma soffuso. Vino estremamente fine in ogni aspetto e, per farci dell’altro male, di una bevibilità drammatica.
8. Alto Adige Lagrein “Sand” 2018, vigneti nella zona di Gries. Lagrein color rosso porpora compatto, segno che è ancora un giovincello. Eppure il naso è già complesso e intenso, con note ematiche, appena vinoso, con mora, prugna ed amarena in grande spolvero, uno speziato cupo (noce moscata e cardamomo), con tamarindo e un leggerissimo cuoio. Essendo giovane sarebbe lecito aspettarsi una bocca ancora un po’ scapestrata, invece è molto educato, con freschezza presente ma non eccessiva, dalla lunga persistenza e dal tannino gentile. Anche per questo vino la bevibilità si misura in galloni.
9. Alto Adige Pinot Nero Riserva “Jura” 2016, vigneti in zona Eppan/Appiano. Il rosso rubino comincia qui a volgere delicatamente verso toni granato. Naso affascinante, c’è tutto: fragola e amarena in confettura, sottobosco umido, tabacco, legno, cuoio, cannella, traccia ematica, piccola nota di cocco, cioccolata, vaniglia, noce moscata, etc. L’ingresso in bocca è deciso, connotato da un tannino che, seppure vellutato, ha ancora bisogno di evolvere. La persistenza è molto lunga, con continui richiami di frutta e spezie. Affinamento in barrique.
10. Alto Adige Moscato Giallo Passito “Baronesse” 2017. Spettacolare, punto. Saranno stati i 9 vini precedenti bevuti, sarà la mia predilezione per la categoria, fatto sta che su questo Moscato Giallo passito la razionalità si è seduta ad in un angolo alzando le spalle e sospirando “eh vabbè, bisogna saper perdere”. Splendido giallo oro brillante nel calice, naso meraviglioso: litchi ed albicocca candita, miele e cera d’api, vaniglia e mimosa, balsamicità e ampie note eteree. Bocca assolutamente rotonda, con grande componente glicerica e abbondante residuo zuccherino (180 g/l). Ciò potrebbe portare a pensare che sia un vino stucchevole, se non fosse che la grande morbidezza è equilibrata da un altrettanto grande acidità (9,5 g/l). Queste due componenti, dai valori assai elevati, si equilibrano in maniera perfetta in bocca. La realizzazione del vino prevede un appassimento naturale di 6 mesi delle uve su graticci. Da 1 tonnellata di uva si ricavano soli 150 l di mosto, che con la fermentazione e l’affinamento in acciaio diventeranno questo vino. Un vino stupendo.
 

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