Colombera & Garella – Lessona DOC “Pizzaguerra” 2017

 

Il vino di oggi è un esemplare di nobili ed antichissimi natali, che si è visto ridimensionare oltremisura negli ultimi decenni e che solo ora sta rialzando la testa, forte di alcune caratteristiche invidiabili. Due su tutte: territorio e uva protagonista.

Il territorio della DOC è compreso in quella macroarea dal commovente rapporto qualità/prezzo nota come Alto Piemonte, e risponde al nome di Lessona DOC. La zona gode di un clima tra i più miti di tutto l’alto Piemonte, particolarità che le consente di sfoggiare coltivazioni di olivi a fianco dei filari di vite. Il terreno è costituito in prevalenza da sabbie di origine marina e loess con sparuti inserti argillosi, anche questa una sensibile differenza con le altre denominazioni altopiemontesi. 

L’uva è la spanna, altresì detto nebbiolo, che bene conosciamo e a cui vogliamo tanto bene. Il disciplinare del Lessona DOC parte da un minimo di 85% di spanna, ma tutti i migliori vini della zona sono realizzati con spanna in purezza. Questo perché il terreno e un clima più carezzevole consentono al nebbiolo di non venire su ostico e graffiante come in altre zone poco distanti, le quali spesso necessitano dell’aiuto di vespolina, croatina ed uva rara per lisciare il pelo al furente collega.

La prima testimonianza di viticoltura organizzata in zona Lessona risale al 1436 ed è documentata nero su bianco: la vendita della vigna “al Zoppo”. E se vi dicessi che quella vigna ancora esiste? No, non le stesse viti, mica è la foresta dei cedri di Dio in Libano, ma la vigna così denominata è oggi proprietà della famiglia Sella (“ma sono per caso parenti…” Sì, sono i pronipoti di Quintino Sella). Fino alla Seconda guerra mondiale il Lessona godette di ottima fama, messo dietro solo da Barolo, Barbaresco e Gattinara. Il dopoguerra, con la sua bella dote di povertà, e l’industrializzazione diedero una bella mano allo spopolamento dell’alto Piemonte. Le vigne, ahimè, vennero lasciate a duellare con il bosco; pochissimi portarono avanti la tradizione vinicola del Lessona, che si fregiò della DOC nel 1976. Pochissimi? Facciamo due: Sella e Clerico. Uno e due. 

La situazione cominciò a migliorare verso gli anni 2000, con il richiamo della terra che portò a Lessona alcuni volenterosi. Non fantastichiamo troppo: ad oggi si parla di una quindicina di aziende operanti sul territorio per un totale di 18 ettari iscritti alla denominazione su 35 ettari vitati in totale. 

Tra i volenterosi va nominato Carlo Colombera che nel 1992, stufo di rovinarsi la schiena nelle risaie del vercellese, avvia la propria azienda vinicola in zona Bramaterra e, nel 2007, impianta anche un ettaro di spanna a Lessona (il vigneto Pizzaguerra). Dal 2010 l’azienda è curata dal figlio di Carlo, Giacomo Colombera, coetaneo della sua stessa azienda, e da Cristiano Garella, fu enologo presso le Tenute Sella.

 


E affrontiamo dunque questo Lessona, il quale prima di corrermi incontro si è avvalso, dopo la fermentazione, di un paio di anni di affinamento in tonneaux di 2° e 3° passaggio e un periodo, successivo all’assemblaggio, di qualche mese in vasca di cemento, per rilassare le membra prima dell’imbottigliamento.

Il colore nel calice è una luminosa via di mezzo tra un rubino e un granato.

Al naso è carico di sfumature che vanno dal floreale di viola mammola al fruttato (fragoline di bosco e ciliegie appena mature), allo speziato (pepe nero e cannella). C’è la radice di liquirizia, humus, ematicità e sentore di cenere, con un sottofondo balsamico che ricorda il legno di sandalo.

In bocca è secco, con una sensazione amaricante tenue e costante, sensazione che chiede a gran voce un abbinamento mangereccio. Vino fresco, di medio corpo, sapidità discreta e con un tannino dosato perfettamente e di ottima qualità. 

Caratteristica fondamentale è una maledetta bevibilità: questo vino chiede a gran voce un altro sorso, e poi un altro ancora, è sorprendentemente facile finire la bottiglia. E devo ammettere che, per quanto abbiano un fascino magnetico, non è sempre facile bere vini a base nebbiolo. Invece questo Lessona su una tavola apparecchiata si mostra agile ed accattivante come un cucciolo di puma (ma che diavolo di paragone ho appena fatto?).

Volete un accostamento vino-basket? Tanto decido io, ve lo beccate anche se la risposta fosse “no” (che poi come fate a dire no al basket? Che concetto di bellezza avete?). Il Lessona DOC mi ricorda tanto Chris Paul, un playmaker elegante ed efficace come pochi altri. Il buon Chris ha avuto un inizio di carriera da predestinato, prima a New Orleans poi soprattutto a LA, sponda Clippers. Gli anni e la mancanza di titoli NBA hanno deviato la luce dei riflettori dal suo corpicino. Eppure, in ogni squadra dove è successivamente andato, bollato ogni volta come giocatore ormai alla frutta, ha mostrato carattere e regalato cioccolatini liquorosi (leggi “assist”) ai fortunati compagni di squadra. Oggi, a 36 anni, è a Phoenix e sta per andare ai playoff NBA. Phoenix, che mancava la post-season dal 2010, mentre Chris Paul ci soggiorna abitualmente dal 2011. La sintesi di questo parallelismo? Il talento, anche se fuori dalla luce dei riflettori, non scompare; fortunati quelli che, in tempi di ridotta visibilità, ne beneficiano comunque. Come le squadre dove Chris Paul finisce a giocare e come i calici dove finisce un Lessona DOC.




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