Domaine Giachino – Savoie Blanc AOP “Monfarina” 2017

E io che pensavo che in Savoia non facessero realmente del vino. Certo, è elencata nelle AOC che si studiano al corso sommelier, ma io non avevo mai visto di persona un Vin de Savoie in un’enoteca e, secondo un ragionamento altamente illuminato, “se non lo vedi vuol dire che non esiste”. Che poi lo stesso discorso vale per il Pentro d’Isernia, che sì è una delle DOC del Molise, ma ne avete mai visto una bottiglia dal vivo?

Fortunatamente al mondo esistono anche persone preparate come Sara Boriosi, cui mi sono deferentemente rivolto per una fornitura di, ehm, materiale didattico di provenienza francese. Più o meno è andata così:

Io: “Vai Sara, questo è il budget, selezionami tu 5/6 bottiglie francesi”.

Sara: “Le bottiglie io le avrei, ma se ci vuoi anche il vino dentro sarà meglio aumentare un pochetto questo budget”.

Io: “Ma sì, un altro paio di euro ce li spendo volentieri”

S.: “…”

Io: “Che bottiglie avresti scelto per me?”

S.: “Allora, questo, questo, questo, quest’altro, e infine un Savoia”

Io: “…”

S.: “Che ho detto?”

Io: “No, è che credevo che in Savoia il vino fosse una leggenda e che facessero solo i biscotti”

S.: “Ma tu le sinapsi le interrompi a comando o è proprio un difetto di fabbrica?”

Ad ogni modo i vini vennero recapitati alla mia magione: cinque vini francesi, di cui leggerete prossimamente su questi teleschermi. E il vino con cui esordiremo testé è proprio il Savoie Blanc AOP “Monfarina” del Domaine Giachino.

 

Il Domaine Giachino è localizzato all’interno del Parc naturel régional de Chartreuse, zona montana, prealpi francesi (l’azienda, biodinamica certificata, è a un centinaio di km in linea d’aria da Torino), abbondantemente sopra i 1000 m di altitudine. Per cui: clima continentale rigidino anziché no, grandi escursioni termiche giornaliere, terreni in cui la dura roccia granitica è commista ad argilla e calcare derivanti dalle frane venute giù ancora fino a qualche secolo fa. 

Le uve tipiche della zona sono: Jacquère, Roussanne, Altesse (o Roussette), Chasselas, Gamay e Mondeuse. Circa il 70% della produzione vinicola in Savoia è di matrice bianchista, e c’è da capirli: grazie alle notevoli escursioni termiche l’uva trattiene tutti i suoi aromi, trasferendoli poi in vini che, come tutti i bianchi di montagna, risultano molto profumati.

 


Il “Monfarina” 2017 di Domaine Giachino entra in pieno in questa macroarea. Ottenuto da Jacquére, Mondeuse Blanche e Verdesse, tutta la sua lavorazione viene effettuata a bassa temperatura, per non perdere neanche una sola molecola aromatica. Il vino svolge anche conversione malolattica ed affina sulle fecce fini per circa un annetto (mese più, mese meno).

Tolto il tappo e versato nel calice, il vino si mostra di un giallo paglierino carico e luminoso.

Il profumo del vino si è fatto notare anche a calice fermo, un profumo assai intenso, che come prima cosa rimandava a profumi di crosta di pane e una forte sensazione minerale, salmastra quasi. Ok, siamo sulle prealpi francesi, il mare lì non lo vedono da milioni di anni, e in più descrivere le sensazioni minerali porta sempre ad ampie e mai pacate dissertazioni; ma aho, a me ha ricordato l’acqua di mare, mo’ ammazzatemi, non lo so. Dopo l’iniziale snasata il calice è stato roteato: l’apertura del negozio di un fioraio, gelsomino, giglio, mughetto. E questo fioraio è entrato in negozio con la colazione: biscotti con scorze di limone e spremuta di pompelmo, una pesca e una susina gialla. E per far merenda si è portato appresso qualcosa di tostato, qualche nocciola tostate. E bravo fioraio, che bel profumo ha il tuo negozio/calice.

L’assaggio conferma le aspettative di un vino montanaro: fresco, fresco, freschissimo. Sono passati 3 anni dalla vendemmia, ha svolto malolattica, eppure il vino è ancora di una freschezza sfavillante (ma può essere sfavillante la freschezza? Mah). 11% di alcol e provenienza alpina rendono l’idea di un vino molto leggero, ma non gli fa difetto la personalità. Innanzitutto non c’è solo acidità fissa, ma si percepisce anche una discreta morbidezza al palato verso il finale di sorso. Inoltre l’aroma di bocca è ben intenso, con una persistenza molto lunga che chiude ovviamente su piacevoli ritorni agrumati. 

Devo davvero ringraziare nuovamente Sara Boriosi per questo vino. Non fosse stato per lei non so quando avrei mai assaggiato un Vin de Savoie, non so se avrei provato le stesse felici sensazioni, non avrei scritto questo pezzo e, di conseguenza, il mondo sarebbe stato un posto più lugubre e truce, e quindi anche Sara si deve ringraziare. Grazie a tutti.

 

 

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