Settimana interessante quella appena trascorsa. Il Coronavirus ha ufficialmente schierato i carrarmatini per la conquista del mondo; in risposta a ciò le persone hanno reagito con criterio, saccheggiando i supermercati e guardandosi l’un l’altro peggio di prima; la vita sociale globale ha subìto una brusca frenata e gli eventi pubblici vengono volta per volta annullati o rinviati (notizia fresca fresca il rinvio del Vinitaly al 14-17 giugno, invece del 19-22 aprile previsto originariamente). In questo periodo funesto si inserisce il mio conseguimento del diploma di Sommelier, grazie al quale il processo di crescita di lunghe piume variopinte sulla zona sacrale del rachide del sottoscritto ha conosciuto un rapido incremento.
E dunque, per il primo articolo da esperto qualificato del settore (calma, bimbo) ho deciso di rimanere vicino casa, andando a stappare un vino che è il presente e il futuro del Lazio: il Cirsium di Damiano Ciolli, 100% Cesanese da Olevano Romano. Un vino che negli anni ha visto crescere la propria fama, merito della testardaggine di Damiano e della sua compagna ed enologa Letizia Rocchi. Tutto parte attorno al 2000, quando Damiano comincia a lavorare i 6 ettari di famiglia, vitati prevalentemente a Cesanese. E se bisogna faticare, che almeno ne valga la pena: si punta alla qualità, all’eleganza, alla pienezza del gusto.
I primi tempi sono difficili: sono in pochi a notare questo giovane produttore laziale, proveniente da una zona vinicola nota (all’epoca) per l’abbondanza dei vini e le loro poche pretese. Poi, piano piano, il nome di Damiano Ciolli si fa largo nel mondo del vino, e via via fa da traino all’areale di Olevano Romano e ad una schiera di viticoltori straordinari.
Oggi il Cirsium è un vino di riferimento, con la 2015 che si può fregiare dell’etichetta “Vino Slow” di Slow Food e dei 5 grappoli di Bibenda, primo Cesanese di Olevano a conquistarli. Uve raccolte manualmente e a perfetta maturazione da 1 ettaro di terreno di origine vulcanica a 500 m s.l.m., piantato tutto a Cesanese di Affile nel 1953 dal nonno di Damiano, Guido. Poi, come si legge dal sito di Damiano Ciolli: “Le uve vengono fermentate in acciaio a temperatura non superiore a 25 °C per preservare gli aromi caratteristici del Cesanese. La macerazione dura circa 15 giorni. Dopodiché il vino viene travasato in botti di rovere francese, dove riposa sui suoi depositi fini per circa 18 mesi. Nel corso dell’affinamento vengono svolti batonnages regolari. Dopo l’imbottigliamento Cirsium affina nella nostra cantina per almeno 2 anni”. Ed è proprio dalla cantina di Damiano che la scorsa estate ho prelevato questo Cirsium 2016. Era tardi ed avevo poco tempo a disposizione, ciò nonostante Damiano è stato comunque gentilissimo ad aprirmi la porta della cantina e a parlarmi del suo Cesanese per qualche minuto. Presto passerò nuovamente a trovarlo, e stavolta mi tratterrò di più, avviso già da ora.
Vino di un rosso rubino vivo quasi trasparente. A livello olfattivo, il profumo del Cirsium non andrebbe valutato appena versato. Ha bisogno di qualche minuto di ossigeno per riprendersi dal parto, per togliersi il suo soprabito spigoloso. Solo allora riesce letteralmente ad esplodere nel calice tutta la sua gamma di profumi: geranio, more ed amarene, ematicità, humus, pepe, balsamicità, mirto e rabarbaro. Altre note che arricchiscono il tutto sono china, liquirizia ed un sentore di grafite. C’è un unico grande filo conduttore per questo Cesanese: la terra. Ogni singola nota riporta a sensazioni di natura, di macchia, di terra vera e propria. È di una coerenza impressionante.
In bocca il vino cattura immediatamente tutte le papille gustative presenti. Freschezza e tannino sono ancora scalpitanti, un elisir di lunga vita; persistenza notevole e chiusura a ricordare la radice di liquirizia. Il Cirsium è un vino che, credo, il buon Mario Soldati avrebbe definito ‘schietto e sincero’ e di cui avrebbe senz’altro fatto scorta.
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