Voglio mettere in difficoltà un po’ di persone. Leggete con me: The Catcher in the Wine presenta il Südtirol DOC Weißburgunder “Schulthauser” di St. Michael-Eppan. E l’arcivescovo di Costantinopoli non sembra più una faccenda ardua. Il caso ha voluto che dietro i nomi più ostici (per noi) si nascondessero dei tesori magnifici. Questa potrebbe già essere un’ottima sintesi dei vini altoatesini, non ce ne è uno che non sia di livello.
Gli altoatesini sono una popolazione che ne ha passate tante. Centinaia di anni di impero austroungarico e poi, in meno di un secolo: “congratulazioni, ora siete italiani” dopo la prima guerra mondiale, senza averlo chiesto; poi “ok, siete italiani, quindi basta con ‘sta storia del tedesco”; poi, a seconda guerra mondiale finita “ok, potete anche parlare tedesco. Ma non tanto, siete pur sempre italiani”. Insomma, non la sequenza di azioni ideale per accogliere qualcuno che fino all’altro ieri non ci pensava neanche ad essere italiano. Fortunatamente il tempo aggiusta le cose, le generazioni passano ed oggi per fortuna ci vogliamo bene gli uni con gli altri.
Però che i sudtirolesi abbiano una testa tutta loro è un dato di fatto. Una prova? Le loro cantine. Raccolgono decine e decine di soci conferitori da ogni vallata, eppure è difficilissimo trovare un vino, anche tra quelli base, che non sia qualitativamente ineccepibile. Una serietà ed una meticolosità nel lavoro in vigna e in cantina rare da trovare altrove, unite ad un magnifico rapporto qualità/prezzo.
“Schulthauser” è un Pinot Bianco coltivato nella zona di Schulthaus, sopra Appiano, tra i 540 e i 620 metri. La particolarità di questo vino è che il 15% della massa fermenta in botti di legno e fa malolattica, venendo poi unita al restante 85% a febbraio. Il risultato è un vino sì fruttato e fresco, ma ingentilito da note più mature, dove è la sapidità a fare la parte del leone.
Nel calice il colore è un paglierino tenue, che non crea sospetti riguardo il passaggio in legno. Il naso invece qualche indizio comincia a darlo. Non subito, la partenza è su toni freschi di mela e tiglio. Toni che entro breve diventano più complessi, con una pera, un’albicocca, gelsomino, scorza di limone. Si percepiscono bene note di crosta di pane, una decisa sensazione salina e poi, verso la fine, si apprezzano le note donate dalla botte: nocciola tostata, una leggera foglia di coriandolo e speziatura delicata di noce moscata. Una gran bella complessità.
In bocca il vino entra leggero ma deciso, l’intensità gustativa è notevole, così come lo è la sapidità, caratteristica peculiare di questo vino. Aumentando la temperatura di pochi gradi, se ne percepisce meglio la morbidezza, che equilibra perfettamente il sorso. Persistenza notevole e finale piacevolmente ammandorlato. Pur non essendo un vino base della cantina, il rapporto qualità/prezzo è da bocca spalancata ed applauso convinto.
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