Antonelli San Marco – Spoleto DOC “Trebium Trebbiano Spoletino” 2018

Il Trebbiano Spoletino è una bestiolina strana. È multiforme, non ha ancora uno stile ben definito. I vignaioli umbri lo vinificano in bianco, in rosso (prossimamente su questi teleschermi), in anfora macerato sulle bucce, con affinamento in acciaio o in legno. Il vitigno è di recente riscoperta, e meno male. A mio parere i vini da Trebbiano Spoletino sono di grande bevibilità, con una spalla acida decisa, grande capacità di proporre nel calice la mineralità del terreno ed infine ampie prospettive di invecchiamento in bottiglia. 
Come detto però, chi acquista un vino da Trebbiano Spoletino deve conoscere lo stile del produttore, nel caso voglia abbinarlo correttamente a tavola. A tal proposito io voglio farmi carico di questo disagio degli avventori: vedrò di bere più Trebbiani Spoletini possibili, in modo da mettere sulla mappa le caratteristiche di ognuno e farvi fare un figurone alla prossima apericena (termine questo orribile, quasi quanto la pleonastica locuzione “sincera verità”). Benintesi, qui è tutto autofinanziato: o contribuite anche voi o vi armate di pazienza e continuate a leggermi! Che tanto so che mi leggete con vivo trasporto anche se non me lo dite [faccina che ammicca].


Di Antonelli San Marco non c’è molto che io possa aggiungere per arricchire il patrimonio informativo al riguardo: 170 ettari totali in Località San Marco, Montefalco (PG), di cui 50 circa vitati; azienda a conduzione biologica, un nome storico nel mondo del vino umbro: il titolare Filippo Antonelli è l’attuale presidente del Consorzio Tutela Vini Montefalco. Antonelli mi vinifica il Trebbiano Spoletino in due modi: macerazione pellicolare, pressatura soffice, chiarifica statica a freddo, fermentazione in botti di rovere da 25 hl, affinamento sulle fecce per 6 mesi e imbottigliamento per il “Trebium” (come da scheda tecnica); 8 mesi di macerazione sulle bucce e al chiuso di un’anfora invece per il vino “Anteprima Tonda”. Stavolta nel mio calice c’è finito il primo, il Trebium. 
Di un giallo oro brillante, il Trebium appena versato ha profumo di cenere e sale, con un leggerissimo sentore di idrocarburo. Pur non essendo un Riesling o un Timorasso, lo Spoletino con gli anni sviluppa questo sentore; la 2018 adesso è ancora un pulcino ma farebbe ben sperare per il futuro, se si avesse la pazienza di attenderlo (cosa che, evidentemente, non posso insegnarvi io). Dopo la mineralità sono i profumi fruttati e floreali che passano al comando: tanta frutta esotica, agrumi ed una intensa mimosa. Seguono quindi note di erbe aromatiche, mentuccia, salvia e maggiorana, un cenno vegetale di fieno tagliato ed una delicata vaniglia.
In bocca si apprezza immediatamente la freschezza di questo vino. L’anno appena di età fa prevalere ancora la parte acida, che comunque non tiranneggia, dando modo di apprezzare una tenue morbidezza, percepibile a fine sorso. La lunga persistenza sfuma su un ricordo di agrume amarognolo. Per coloro i quali si trovassero smarriti di fronte a quest’ultima affermazione, leggete: “pare che hai appena morso un chinotto” (un “aho” finale consoliderebbe il concetto).

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